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Giorgia Meloni, "perché è l'unica che ride e dove può arrivare": la profezia di Pietro Senaldi

Pietro Senaldi
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Se tra i due litiganti il terzo gode, tra i cinque eserciti e gli innumerevoli gruppuscoli di soldataglia sbandata che fingono di marciare in amore e accordo tutti dietro al pifferaio Draghi, a godere di più è senz'altro l'unico comandante che ha marcato visita e non si è presentato al raduno generale per la grande ammucchiata nazionale convocata dal presidente Mattarella. Giorgia Meloni è, al momento, il solo leader all'opposizione del governo che ha giurato ieri. In quanto tale, si è presa i complimenti perfino di Travaglio, vedovo Conte, persuaso che, al di fuori della magistratura, ciascun potere debba avere un adeguato contraltare. Le regole parlamentari regalano a Fratelli d'Italia la presidenza della Commissione di Vigilanza Rai, del Copasir e della Giunta per le Autorizzazioni a Procedere, ma non sono questi gli assi nella manica della Meloni, che oggi si sente l'unica nel centrodestra ad aver vinto la scommessa sull'esecutivo Draghi.

 

 

La convinzione non si fonda solo sul fatto che, poiché quasi un italiano su tre parte contrario al nuovo premier, Fdi può teoricamente raddoppiare il proprio consenso, cavalcando il malcontento. È la lettura della lista dei ministri a confortare Giorgia. Se infatti Draghi ha drasticamente ridimensionato la presenza dei grillini al governo, passo irrinunciabile quando si punta a una squadra di alto profilo, non può sfuggire che anche Salvini e Berlusconi, più il secondo del primo, siano stati penalizzati dalla scelta dei ministri. Lega e Forza Italia si sono consegnate mani e piedi al governatore-premier prima di conoscere la squadra che SuperMario aveva in testa e senza pretendere che egli prendesse impegni sui nomi e sul programma. L'interessato ha ringraziato e si è fatto gli affari suoi, comunicando solo a giochi fatti le proprie scelte, che per gli alleati si sono rivelate una mezza doccia fredda.

 

 

Il premier infatti ha diabolicamente pescato in ogni partito della sua immensa maggioranza uomini poco ortodossi, se non in alcuni casi anche alternativi alla segreteria. Il risultato è duplice. Da un lato l'eterogeneità della maggioranza gli garantisce di non finire mai sotto, qualsiasi provvedimento debba varare o smantellare, fosse anche il reddito di cittadinanza; dall'altro, aver premiato le opposizioni interne ai partiti, gli garantisce di tenerli sempre sotto scacco e a rischio spaccatura. Agli occhi della Meloni, Salvini e Berlusconi sono ostaggio del governo Draghi, senza possibilità di incidere, in quanto privi di margini di ricatto. Per chi sostiene l'esecutivo non è tempo di provvedimenti di bandiera come la flat tax o di battaglie di principio come quella contro i clandestini che aumentino i consensi e garantiscano visibilità per quando si andrà alle urne. Fratelli d'Italia invece mantiene la libertà di approvare i provvedimenti di SuperMario, qualora li condivida, ma anche di distinguersi in fase propositiva, aumentando la propria rappresentatività.

SULLA RIVA DEL FIUME
Poiché da domani, quando entrerà in azione, il governo inevitabilmente scontenterà qualcuno, ed essendo periodi grami è probabile che ne contrari molti, davanti a Fratelli d'Italia si aprono nuove praterie di consenso. Questo è ancora più vero se si indaga la natura intima del governo, che pende tutto a sinistra. Contenuti alquanto Salvini e Berlusconi, ignorato Renzi e umiliati i grillini, il solo partito che Draghi ha fatto sorridere è il Pd, non a caso la forza del presidente Mattarella, che con il suo 18% ha grattato più di quanto valga. Ma è soprattutto la squadra di tecnici scelta dal premier, da Cingolani (Transizione Ecologica) a Franco (Economia), da Giovannini (Trasporti) a Colao (Innovazione Tecnologica), che pende vistosamente a sinistra e quindi non potrà che andare in urto con l'elettorato leghista e azzurro.

 

 

Poiché questi signori gestiranno la borsa, l'argomento più caro all'elettorato di Salvini e Berlusconi, per la coppia di governo di centrodestra potrebbero arrivare tempi duri. Non è affatto detto che la tenuta e la pazienza dei loro sostenitori sia solida quanto quella dei leader e che qualcuno non si rivolga speranzoso a Giorgia; la quale, unica all'opposizione, non avrà neppure più bisogno di forzare i toni per acquistare spazio. Le basterà sedersi sulla riva del fiume con un notes e la matita rossa, pronta a sottolineare gli errori dell'esecutivo. Ci auguriamo, per il bene dell'Italia, che essi siano il meno possibile, ma è una speranza vana finché ci sarà Speranza al governo.

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