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Beppe Grillo e le sardine, una risata seppellisce ciò che resta del Pd

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Alessandro Giuli
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Il comico li seppellirà. A dodici anni dal primo e spericolato tentativo di contendere la leadership del Partito democratico, Beppe Grillo torna sul luogo (...) (...) del delitto e ripete il suo gesto beffardo: «Mi propongo come segretario elevato del Pd Mi iscrivo al partito e portiamo avanti insieme un grande progetto comune». Le comiche finali, per l'appunto, con la segreteria vacante e il cadavere politico di Nicola Zingaretti ancora caldo. Non poteva che concludersi così, con un ritorno al punto di partenza, il viaggio di un partito rimasto acefalo e dilaniato dalle lotte intestine fra bande rivali: gli eredi del catto-comunismo novecentesco volevano fagocitare il Movimento Cinque stelle e invece hanno finito per grillinizzarsi, al punto tale che ora è l'elevato in persona, Jocker e Mangiafuoco nel circo delle sinistre apolidi, a promuoversi come esecutore testamentario di un amalgama malriuscito (Massimo D'Alema) o più precisamente di un morto ammazzato (Massimo Cacciari) da chi l'ha sin qui gestito come una «macchina di autopromozione» (Luca Ricolfi).

La rivendicazione - È lo stesso Grillo a controfirmare la compiaciuta rivendicazione del sinistricidio: «Mi ero iscritto al Pd qualche anno fa poi mi dettero indietro i soldi e la tessera e Fassino fece la sua premonizione dicendo: si faccia un partito da sé Siamo nel caos ma il caos è creativo, quindi ho visto questo partito, il Partito democratico in cui va via una buona persona il Pd deve avere una narrazione deve avere un progetto». E adesso arriva lui a darglielo, il progetto, proponendo una fusione a caldo con i suoi discepoli in nome dei feticci comuni - «transizione, ecologia, energie rinnovabili» - e con un ghigno di malcelata soddisfazione per il risultato raggiunto. È davvero l'apoteosi della profezia fassiniana - «vediamo dove arrivano» - e al tempo stesso la pietra tombale sul partito di sistema a vocazione maggioritaria che nel 2009 respinse con sdegno il tentativo dell'infiltrato genovese: «Grillo non è iscritto al Pd - disse Fassino - e lo ha attaccato di continuo. La sua candidatura è una boutade un po' provocatoria e non c'è alcuna ragione per considerarla una cosa seria Per me la cosa finisce qua». E adesso? Il lungo e imbarazzato silenzio opposto ieri dai vertici democratici tradiva lo stato confusionale di una classe dirigente allo sbando, indecisa se arrivare all'Assemblea nazionale di metà marzo con il solito accordo correntizio per spartirsi meglio i resti della salma al riparo di una reggenza, magari di sesso femminile (Roberta Pinotti o Anna Finocchiaro) e riparare così alle ultime gaffe. Soltanto un mite senatore, l'ex renziano Tommaso Nannicini, ha azzardato una reazione autodifensiva: «Caro Beppe Grillo, per candidarsi alla guida del Pd servono due requisiti di base. 1) Iscriversi al Pd. 2) Rimangiarsi i Vaffa contro una comunità che ha una voglia matta di buona politica, non di avanspettacolo di serie C». Muti, almeno fino a sera, tutti gli altri: dai ministri capicorrente (Andrea Orlando, Dario Franceschini e Lorenzo Guerini) fino alla Conferenza nazionale Donne democratiche rimaste in modalità sediziosa per l'esclusione dalla nomenclatura che conta, passando per i più noti battitori liberi come Matteo Orfini e Gianni Cuperlo. La cosa in sé avrebbe perfino una sua coerenza: se decidi di perseguire un'alleanza strategica con il M5s guidato da Giuseppe Conte, la persona migliore cui affidarti per realizzarla non è proprio Grillo? Ma probabilmente la spiegazione è un'altra: sempre ieri, i democratici assistevano ipnotizzati all'ennesima umiliazione inflitta loro dal manipolo delle redivive Sardine di Mattia Santori, che hanno improvvisato un presidio a oltranza al Nazareno armati di tende e sacchi a pelo, con la consueta retorica da squadristi passivo-aggressivi: «Noi facciamo parte di un campo progressista e chiediamo che si apra una fase Costituente».

Ai tempi del Pci... - Fosse accaduto al Bottegone, ai bei tempi, sarebbero stati dispersi in un attimo dal servizio d'ordine del Pci o scudisciati dalla polizia a cavallo. Oggi, invece, gli storditi del Pd preferiscono farsi prendere a pesci in faccia. Si può scusare Zingaretti, forse vittima di un deficit cognitivo da eccesso di emotività - «è la conferma che il Pd è una grande forza della democrazia italiana» -, ma non la presidente Valentina Cuppi che ha ricevuto la delegazione ittica magnificando «l'iniziativa da accogliere con entusiasmo» per via del suo «approccio combattivo costruttivo». Di fronte a questo collasso strutturale, dopo averli irrisi e ribattezzati «pidioti» per tanti anni, è perfino logico che Grillo pretenda di banchettare sulle loro spoglie. In attesa che l'oracolare Fassino aggiorni la profezia: «Si candidi pure alle primarie, poi vediamo quanti voti prende».

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