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Paolo Becchi e la festa del 2 giugno: "Purtroppo non si sa che cosa dobbiamo festeggiare"

Paolo Becchi e Giuseppe Palma
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I dati ufficiali consegnarono la vittoria alla Repubblica al fotofinish. 12.717.923 voti per la Repubblica, 10.719.284 alla Monarchia. Il 2 giugno 1946, dopo 85 anni di Regno, l'Italia diventava una Repubblica. Schede bianche 1.498.136. Questo il risultato ufficiale del referendum istituzionale del 2 e 3 giugno. Nei primi due giorni che seguirono lo spoglio delle schede la monarchia era peraltro nettamente in testa, tanto è vero che Re Umberto II fece trasparire un certo ottimismo tra i suoi, anche dopo la telefonata di De Gasperi che gli confermò il dato parziale di un vantaggio della Corona. Anche il Papa ricevette dai Carabinieri una informativa sulla vittoria della Monarchia. La doccia fredda arrivò il giorno dopo, quando De Gasperi si recò dal Re per dirgli che la Repubblica aveva ormai un considerevole vantaggio.

Cosa sia successo la notte tra il 4 ed il 5 giugno non lo sapremo mai. C’è chi afferma che l’allora Ministro dell’Interno, il socialista Giuseppe Romita, abbia sostituito un numero sufficiente di schede ufficiali con schede false già segnate in favore della Repubblica, chi invece ha lamentato la dispersione di circa tre milioni di schede, ma c’è anche – e questo ci sembra l’argomento più incisivo – chi lamenta come il risultato non abbia tenuto conto dell’insieme dei voti espressi ma soltanto dei voti validi. In effetti le schede bianche andavano conteggiate nel quorum, cosa che non avvenne. In tal modo il distacco tra l’una e l’altra forma di Stato sarebbe stato di gran lunga minore e i monarchici avrebbero potuto chiedere il riconteggio delle schede, cosa che non avvenne.

 

 

LE SCHEDE NON CONTATE - Come che sia, il Re accettò il risultato evitando una guerra civile e lasciò il Paese per sempre. Gli americani, favorevoli alla Monarchia - semplicemente per evitare turbamenti istituzionali e perché Umberto era un anticomunista di provata fede -, non fecero nulla e il 18 giugno la Corte di Cassazione proclamò i risultati ufficiali. Insomma, la Repubblica nacque su una mezza truffa e quindi non si vede cosa ci sia oggi da festeggiare. Chissà se il ricordo di questi fatti ci aiuti a spiegare perché la festa del 2 giugno sia così poco sentita dagli italiani. A parte la parata delle forze armate lungo i Fori Imperiali, questo anno non prevista, e il saluto del Presidente della Repubblica al Milite Ignoto all’Altare della Patria,la giornata del 2 giugno si traduce quasi spesso in una mera scampagnata di fine primavera. È sempre stato così. Un po’ tutti i Presidenti della Repubblica non sono riusciti ad incarnare lo spirito repubblicano e a farlo crescere nel corso degli anni. Anzi, come è noto il comunista Napolitano, finì per essere chiamato “Re Giorgio”, con il doppio mandato.

 

 

QUALI VALORI - Del resto, di che Repubblica parliamo oggi? La Prima Repubblica, quella dei partiti, è finita da tempo e oggi quasi la ricordiamo con rimpianto. Anche la Seconda Repubblica, quella del berlusconismo e dell’anti-berlusconismo non esiste più. E allora cosa festeggiamo oggi? I valori repubblicani della nostra Costituzione. Ma siamo proprio sicuri? Una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, quale lavoro, se la disoccupazione dilaga, già da diversi anni, e la precarietà del rapporto lavorativo è la regola e non l’eccezione? La rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

E quali ostacoli abbiamo rimosso negli ultimi anni per favorire il pieno sviluppo della persona umana? Semmai gli ostacoli li abbiamo messi. Si pensi alle migliaia di adempimenti che ha un’impresa o una partita Iva per aprire un’attività e per lavorare col fiato sul collo. E di esempi ce ne sarebbero tanti altri, se pensiamo che per combattere la guerra contro il nemico invisibile con confinamenti, coprifuochi, zone rosse e gialle ecc. abbiamo sacrificato tutte o quasi le nostre libertà repubblicane. La domanda da farsi sul serio in occasione del 75 anniversario della proclamazione della Repubblica è: ma cosa stiamo festeggiando? 

 

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