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Coronavirus e vaccini, l'imprenditore Pasini: "È arrivato il momento di riaprire anche i settori più rischiosi"

Andrea Pasini
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La campagna vaccinale sta apportando dei palesi benefici sia sui numeri dei contagi, sia su quelli dei ricoverati nelle strutture sanitarie che dei pazienti in terapia intensiva, e per il governo è ormai tempo di parlare seriamente di ripartenza. È giunto ormai il momento di riaprire anche quei settori che comportano rischi importanti, logicamente sempre rispettando le procedure di sicurezza, perché continuare secondo il principio di precauzione a prescindere non è più sostenibile. 

Il governo italiano precedente  agli occhi dei cittadini come del resto del mondo, ha basato per troppo tempo  la sua politica su soluzioni assistenzialiste, che non possono e non devono più andare avanti. Il Presidente Draghi ha fortunatamente invertito la rotta su questo tema. Oltre alle politiche  che vanno nella direzione delle esenzioni fiscali, indennizzi, bonus vari sicuramente positivi nel contrastare la povertà e fallimenti, oltre che fungere da stimolo per  la domanda, ma purtroppo non sono sufficienti in termini di rilancio per le attività produttive colpite dalle restrizioni.

Se affrontiamo il tema del rilancio economico, non possiamo certo non dedicare un pensiero al Recovery Fund. È giusto che all’Italia, uno dei paesi più colpiti dalla pandemia così come la Spagna, vada un numero maggiore di risorse, ma anche le proiezioni più ottimistiche possono avverarsi solo con una riapertura totale del Paese. Il blocco per dei settori importanti per l’Italia come il turismo e la ristorazione deve finire il prima possibile.

È bene ricordare che, se paesi come la Germania e l’Austria hanno affrontato la pandemia con bilanci in attivo e hanno poi scelto di attuare chiusure molto meno severe rispetto all’Italia il Bel Paese si trovava in una situazione molto più difficile. Il tasso di disoccupazione, ad esempio, era già alto e il sistema bancario era gravato da un alto indice di crediti deteriorati. È evidente che il pacchetto da 38 miliardi dell’Austria o quello della Germania (che comunque prevede un calo del Pil del 5-6%) non possano bastare per rimettere in piedi il nostro Paese. Un paese che, purtroppo ricordo, è ancora bloccato, mentre al governo si parla di quante persone far sedere ai tavoli dei ristoranti. 

Mentre un numero sempre maggiore di Stati ha già dato il via libera a operatori turistici e ristoratori di poter organizzare la stagione estiva persino la Germania ha liberalizzato i viaggi con i paesi di frontiera a partire da metà giugno il governo italiano per colpa di una certa parte politica prende ancora tempo. La maggioranza allargata del governo Draghi rende difficile qualsiasi trattativa, con una parte politica ben precisa che chiede di riaprire subito e una che grida ancora oggi alla cautela. 


Continuiamo così a penalizzare un settore già in ginocchio. Secondo lo studio realizzato da Federalberghi e Fipe, in partnership con l’Ente Bilaterale Nazionale per il Turismo, gli occupati nel settore sono passati dalla cifra record di 1,3 milioni del 2019 ai soli 953mila del 2020. Il comparto, che rappresentava il 13% del Pil, è così tornano indietro di una decade alla cifre del 2021. Soltanto lo scorso anno, le giornate retribuite sono diminuite del 38% e 200.000 posizioni di lavoro stagionale e 150.000 a tempo indeterminato sono state letteralmente polverizzate.

Io Andrea Pasini da giovane imprenditore di Trezzano Sul Naviglio voglio dire che se anche la mia attività non ha subito ripercussioni in termini di fatturato per via della pandemia posso però immaginare che disastro sia, economicamente e psicologicamente per un imprenditore del settore del turismo o della ristorazione andare avanti ancora a lavorare con delle restrizioni. E come si può solo pensare di passare un altro anno nelle stesse condizioni? «Questa emorragia di professionalità rischia di compromettere le capacità di ripresa del settore - dice il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca - e di causare una crisi sociale profonda. Occorre creare le condizioni per recuperare i livelli occupazionali ante-Covid, intervenendo principalmente sul costo del lavoro».

Manteniamo l’assoluta fiducia nel premier Mario Draghi, un uomo di fatti più che di parole (vuote) . Ascoltiamo le Regioni e i sindaci, spesso pieni di risorse e voglia di aiutare l’Italia a rialzarsi, perché vivono e toccano con mano tutti i santi giorni  la realtà, confrontandosi con i cittadini e gli imprenditori.  

Come spiega ad esempio il sindaco Massimo Mastromarino, presidente dell’associazione Comuni Italiani di Frontiera: «Da alcune settimane siamo al lavoro con i ministeri competenti per riuscire a programmare in sicurezza la riapertura delle frontiere con la Confederazione elvetica, in modo da far ripartire tutta l’economia di frontiera duramente colpita dalle restrizioni».

Il Senatore del Pd Alessandro Alfieri e il Senatore Stefano Candiani della Lega stanno lavorando insieme per consentire l’ingresso in Italia dei cittadini svizzeri, in una fascia entro i 20 km dal confine, senza la necessità di dover eseguire il tampone. Immaginate quanto ne beneficerebbe la nostra economia? 

Queste iniziative sono soluzioni concrete che fanno bene a tutto il territorio e che non dovrebbero avere colori politici. Sicuramente non sarà facile, perché il tema coinvolge anche il rapporto con altri Stati, ma è importante provarci fino in fondo.

Oggi la priorità deve essere quella di far ripartire l’economia nel più breve tempo possibile, con tutti i mezzi a propria disposizione e senza avere paura o timori. L’economia deve partire immediatamente perché di sussidi, come pensa qualcuno , non si può e non si deve vivere.

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