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Enrico Letta, la "proposta indecente" alle Sardine: il Pd si fa affossare da Mattia Santori

Fausto Carioti
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Paiono fatti per incontrarsi. Perché Enrico Letta ha un problema serio, almeno per chi lo osserva da un certo angolo a sinistra: troppo garbato, troppo professorino, troppo parigino. Incapace di scaldare i cuori di quella che una volta chiamavano base, più interessata alle rate del mutuo che a inasprire le leggi contro l'omofobia. I sondaggi confermano: il Partito democratico è sempre lì, al 18,8%, in calo rispetto a un mese fa e appena un punticino in più rispetto a quando il nuovo capo si è insediato. I giovani, poi, non ne parliamo. Il sondaggio commissionato dal Nazareno all'istituto YouTrend rivela che tra gli elettori sotto i 34 anni le intenzioni di voto per il Pd languono al 14,4%, un punto in meno rispetto ad aprile.

 

 

La proposta di tassare le successioni dei «ricchi» per dare a 280mila neo diciottenni italia ni (uno su due) diecimila euro di "dote" doveva servire proprio a rendere il partito appetibile per quella fascia d'età. Fallimento completo: non solo Mario Draghi ha risposto che non se ne parla, ma nel "target" non si è registrato alcun segno d'interesse. Pure le Sardine hanno un problema: trovarsi un lavoro, meglio se stipendiato dal contribuente. In politichese, si tratta di capitalizzare la visibilità (tanta) e i consensi (presunti) accumulati sino a questo punto. Se non ora, quando? Così, scordandosi che un anno fa lui stesso aveva detto «candidarci è fantapolitica», Mattia Santori ha bussato alla porta del Pd. Non come aveva fatto a marzo, prima che arrivasse Letta, quando lui e gli altri tentarono di occupare la sede nazionale del Pd. Stavolta è stato garbato: un'intervista al Domani, il quotidiano di proprietà di Carlo De Benedetti, nella quale ha detto le stesse cose di sempre, più una: una esplicita richiesta a Letta di candidarli alle elezioni amministrative che si terranno dopo l'estate. Presentando il suo movimento, manco a dirlo, come la soluzione a tutti i problemi del Pd.

 

 

MOSSA DISPERATA
Tanti salamelecchi al nuovo segretario, innanzitutto. Doverosi, anche perché Letta, appena insediato, li aveva incontrati promettendo che da quel colloquio sarebbero nate «ottime prospettive». Ecco, il momento di mantenere fede all'impegno è arrivato. «L'effetto Letta», argomenta Santori, «ha ristabilito che il grande valore del Pd è la sua base. Letta e il suo staff, con la consultazione interna, lo hanno evidenziato. È un grande segno». In vista di cosa? «Siamo pronti a lavorare insieme, anche candidandoci, per portare nuova linfa». Stanno persino «prendendo in considerazione» l'idea di entrare nelle liste del Pd, annuncia il 34enne, con l'aria di chi lancia una proposta che l'altro non potrà rifiutare. Del resto, insiste, «abbiamo dimostrato di essere ottimi alleati nelle campagne elettorali». Intanto, da perfetta espressione della società civile in cerca di collocamento, assicurano a Letta che alle primarie appoggeranno i candidati dell'apparato del Pd, ossia gli stessi che hanno trascinato il partito laggiù dove ora giace. Come Matteo Lepore a Bologna («ci sentiamo rappresentati dal suo percorso») e gli altri colonnelli della guardia rossa. E tutto lascia credere che alla fine il matrimonio si farà. Le Sardine sono giovani per definizione, spostano a sinistra l'asse del partito, incarnano la retorica vuota del «cambiamento» e piacciono ai Cinque Stelle e al loro elettorato confusamente anti -sistema. Motivi per cui Letta ha già mostrato di gradirle. Certo, c'è il rischio che portino solo i loro voti, ma averle contro, inferocite per essere state snobbate, sentirsi dire nei talk show, da quelle facce, che «il Pd ci ha deluso, non è cambiato», è un prezzo che il capo di un partito già così mal messo non sembra pronto a pagare.

 

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