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Alessandro Sallusti e Luca Palamara, "Il Sistema" debutta a teatro: la verità sulle toghe è pure peggio

Maurizio Zottarelli
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Alla fine, lo scacco matto arriva perché nemmeno il re e la regina sono i padroni della scacchiera: sono semplici pedoni che si muovono tra le caselle bianche e nere del sistema. Così, quando dopo un'ora e un quarto, gli spettatori assistono alla caduta di Luca Palamara, stritolato dall'ingranaggio che lui stesso aveva contribuito a creare, il teatro, questo teatro civile fatto di cronaca, fatti, video, dichiarazioni di appena ieri l'altro, a volte di oggi stesso, assume i connotati della tragedia greca. Gli spettatori si guardano l'un l'altro, sospesi nella magia che il teatro sa creare, e nello strania mento di essere anch' essi parte di quel tempo e di quella scena che hanno visto ricreare davanti a loro.

L'anteprima del Sistema, lo spettacolo che Edoardo Sylos Labini porta in scena traendolo dall'omonimo libro-intervista scritto da Alessandro Sallusti con l'ex pm Luca Palamara, si materializza nel parco di villa Braghieri a Castel San Giovanni, primo comune del Piacentino appena oltre il Po, in una dolce serata di inizio estate che riporta tutti a un tempo che pareva ormai perduto. È la prima assoluta: il 4 luglio si replica a Casale Monferrato e dopo il tour estivo, a fine settembre andrà in scena al Manzoni di Milano e, a ottobre, a Roma. Intanto, la gente si siede davanti al palco, su sedie di plastica rigorosamente distanziate, i piedi nell'erba. Sembra di essere a una sagra e perfino le zanzare contribuiscono a rendere più vera e piacevole la serata. Del resto, l'atmosfera da festival popolare si addice al teatro civile. Sul palco la scena è essenziale: Sylos Labini si aggira tra una scrivania ricolma di fascicoli e una sorta di trono in cui di tanto in tanto si ergono i protagonisti della scacchiera. In un angolo, dietro a un computer, c'è l'attore Simone Guarany che interpreta "l'intercettatore" ed evoca le voci e le immagini di trent'anni di vita giudiziaria italiana.

 

 

 

Ecco, negli ottanta minuti della pièce teatrale, lo spettatore non viene solo portato al centro dei meccanismi di potere che Palamara, ex presidente dell'Anm e membro del Csm radiato dalla magistratura e accusato di corruzione, ha ricostruito nel libro scritto con Sallusti e diventato un best seller da 300mila copie; viene accompagnato attraverso trent' anni di storia italiana in cui l'ex pm è solo un'altra pedina mentre l'unico vero protagonista è "Il Sistema". Sylos Labini è voce narrante che racconta, spiega i fatti e, a volte, è Palamara stesso che li vive dall'interno. Sullo schermo in fondo al palco immagini, voci e volti dal passato irrompono sulla scena e la travalicano ar rivando in platea in un continuo dialogo tra l'attore e gli spettatori.

E così incontriamo il giovane Luca, studente in legge, figlio di un magistrato, affascinato dall'eroica battaglia delle toghe contro la corruzione. Lo vediamo gettarsi nella battaglia e scoprire il sistema che regola il gioco e domina i destini di chi vi partecipa. Anzi, il giovane Luca scopre che le regole sono assai più importanti dello scopo stesso del gioco e ne diventa un cultore. Sulla scacchiera vediamo passare Silvio Berlusconi, Giorgio Napolitano, Gianfranco Fini, procuratori, ministri, fino ai giorni nostri, fino a Renzi e Salvini. Gli ideali della gioventù, e con loro la giustizia, finiscono sempre più sullo sfondo, seppelliti dalle immagini e dalle parole della cronaca. Al centro della scacchiera, sul trono del palcoscenico si erge Il Sistema.

Non ci sono magistrati di sinistra o di destra, o forse sì, ma solo nel senso che gli uni difendono il sistema di potere, gli altri no. Anche l'ideologia passa in secondo piano, ciò che conta è la conservazione del potere con al centro la "regola del tre": una procura protagonista, un giornale amico a fare da megafono, un partito di riferimento come spalla. Con questo schema, ogni battaglia si trasforma in vittoria capace di alimentare l'ingranaggio. Berlusconi è il nemico supremo perché minaccia il sistema alla base e va fermato a ogni costo, Fini va protetto quando è utile e poi scaricato; costui serve, quell'altro no, un'inchiesta va accelerata, un'altra sotterrata in una sorta di tragedia shakesperiana in cui i Giulio Cesare e i Bruto de noantri si accoltellano e si inseguono senza sosta.

Intanto Palamara prosegue la sua scalata, conquista casella dopo casella: i vertici dell'Anm, il Csm, è l'arbitro di ogni contesa, il re della scacchiera. E compie la mossa fatale. Nel suo intrigo di rapporti, sposta gli equilibri: si allea con l'ala moderata delle toghe e, per la prima volta, sottrae il governo della magistratura alla sinistra. Lui, il centro stesso del Sistema, si è fatto nemico del Sistema e va fermato. Nel giorno del trionfo arriva il pizzi no: occhio, c'è un'indagine, abbiamo trovato delle cose su di te. Il re della scacchiera ha dimenticato la regola base: c'è sempre un fascicolo pronto per ognuno da tirare fuori al momento opportuno. Al culmine del suo potere, Palamara intravede la sua fine.

 

 

 

Lo scacco matto è solo questione di tempo, formalità, cimici da piazzare. A dominare la scena resta, come vediamo anche in questi giorni, il Sistema che lotta per perpetuare se stesso, per fermare ogni possibile riforma. «Non ero io il vertice», ammette il Palamara sul palco mentre il suo alter ego lo osserva dalla platea, «ero solo un pezzo sostituibile». E nei duelli tra le caselle bianche e nere il Parlamento continua a essere superato dai magistrati, le leggi dalle sentenze. Sullo schermo compaiono Falcone e Borsellino, memoria lontana come il coro del teatro greco, di una giustizia che ancora badava albe ne di tutti e per questo era disposta a morire. Fine. Si spengono le luci sul palco, si riaccendono sulla platea di villa Braghieri. «Mi rendo conto stasera di aver messo in piedi un bel casino», dice Alessandro Sallusti. Sul palco sale anche l'altro Palamara, quello della scena storica, carnefice e vittima. «Visto da sotto il palco», ammette, «tutto questo fa una certa impressione. Spero che possa servire ad affrontare, finalmente, questi temi». Le persone si alzano dalle sedie di plastica, grate della serata estiva. E con negli occhi quella strana percezione che il mondo che le circonda, abbia un aspetto curiosamente simile alla finzione scenica.

 

 

 

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