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Enrico Letta, l'unico "contributo" al governo? Far perdere tempo a Mario Draghi, cosa ci insegna il ddl Zan

Fausto Carioti
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La chiusura del disegno di legge Zan nel freezer dentro al quale resterà per mesi è prevista per oggi, primo giorno di "semestre bianco", alle 14,30. E al surgelamento provvederà proprio quel Partito democratico che l'ha presentato agli italiani come la più importante e urgente delle riforme. A quell'ora, in Senato, si riunirà la conferenza dei capigruppo, incaricata di decidere il calendario dei lavori parlamentari. C'è il solito dilemma di inizio agosto, certo: passare altri giorni nella fornace romana o correre sotto l'ombrellone? Per il Pd e il suo segretario, al problema balneare si aggiunge quello politico: constatato che i numeri per approvare il ddl Zan nella versione attuale, come aveva promesso Enrico Letta, non ci sono, e che dunque la figuraccia sarà inevitabile, meglio rimandarla a dopo, sperando che sia meno dolorosa.

 

 

Dopo le elezioni comunali a Roma, Milano e nelle altre città, e dopo le suppletive di Siena che vedono lo stesso Letta candidato in un collegio dove la vittoria è probabile, ma non sicura, visto anche ciò che sta accadendo al Monte dei Paschi. Così quando oggi il capogruppo di Italia Viva, Davide Faraone, proporrà ai colleghi degli altri partiti il "lodo" che prevede di approvare la legge prima della pausa estiva, ma in una formulazione diversa da quella votata alla Camera, depurata dei punti più contestati in modo da rendere il testo digeribile almeno a una parte del centrodestra, sbatterà contro il rifiuto già deciso dal capo del Pd: non se ne parla, piuttosto meglio rimandare tutto. Linea buona per atteggiarsi a inflessibile paladino dei diritti civili, ma pessima per chi vuole portare a casa il risultato. Anche perché far slittare la pratica ai prossimi mesi non risolve il problema, semmai promette di complicarlo. I nodi del provvedimento resteranno infatti gli stessi, ma le forze che lo difendono, e in particolare i Cinque Stelle, chissà allora come saranno ridotte, e chissà quante e quali riforme avranno la precedenza sulle norme riguardanti la "omotransfobia". Come spiega un parlamentare del Pd, la scelta di Letta «equivale a rimandare il ddl Zan a ottobre, dopo le amministrative. Lui ha deciso per la bella morte del provvedimento, ma preferisce somministrarla dopo che gli elettori hanno votato per il sindaco e la partita senese si è chiusa».

 

 

Potrebbe non limitarsi a tanto, la melina del Partito democratico. Perché è in atto un altro braccio di ferro, e riguarda nientemeno che la riforma del processo penale firmata da Marta Cartabia. Ottenuto il via libera dalla Camera, il testo dovrà andare in Senato, e anche di questo si parlerà nella riunione odierna dei capigruppo. Il guardasigilli spinge affinché tutto sia fatto prima dell'estate, cioè subito, ma dal Nazareno, d'intesa con l'alleato Giuseppe Conte, le hanno già fatto sapere che preferiscono che il provvedimento, pur essendo "blindato" con la fiducia dall'esecutivo, sia discusso e votato con la dovuta calma, quindi dopo la pausa estiva. Non una ribellione, insomma, ma un segnale di insofferenza verso Mario Draghi, il quale ha già detto che, fosse per lui, si lavorerebbe pure a Ferragosto. E che questo segnale arrivi dal Pd e dal M5S proprio all'inizio del semestre nel quale le Camere non potranno essere sciolte e dunque i partiti avranno maggior potere di tirare la corda, dà da pensare.

 

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