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Roberto Saviano, l'Ucraina e la mafia: la sua ossessione non è in malafede, ma offende

Iuri Maria Prado
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Se fossero soltanto le divagazioni provinciali di un facoltoso influencer di Rai3 potremmo anche soprassedere: ma c'è qualcosa di più grave e distorto nella lettura "antimafia" con cui Roberto Saviano pretende di spiegare che la guerra in Ucraina trova causa in un conflitto tra organizzazioni criminali delle due parti, unite nell'avvantaggiarsene. Intendiamoci: in ogni urgenza di crisi ben può darsi l'insinuazione di interessi illeciti, ma non è questo il punto. Il punto è che c'è qualcosa di ossessivo e di pervertito nel vagheggiare di mafia mentre i civili scavano trincee e raccolgono schioppi e bottiglie incendiarie per contrastare sessanta chilometri di linee corazzate nemiche.

Non c'è malafede in queste investigazioni del romanziere anticamorra, ma restano offensive per come trascurano e dunque sviliscono, il fatto concreto di un popolo in armi contro un'operazione militare che non diventerebbe più giusta se non desse profitto alla criminalità, proprio come quella resistenza non dovrebbe essere giudicata in un modo o nell'altro secondo che faccia o no l'obliquo interesse di un'altra cosca. A Saviano «dispiace» ha detto proprio così, rilanciando con un video quel che ha scritto qualche giorno fa sul Corriere della Sera- che nel dibattito pubblico, attardato su questi dettagli che sono i bombardamenti, la moltitudine dei profughi, le città che si preparano all'assedio, non ci sia abbastanza spazio per l'esegesi dei pizzini in cirillico. Lì dove c'è la guerra hanno dispiaceri più immediati.

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