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Gas Russo, Sallusti contro Enrico Letta: "Prima di proporre un suicidio, si faccia due chiacchiere con Simona"

Alessandro Sallusti
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La situazione è molto complicata e a prima vista illogica. È presto detto: alla Russia di Putin abbiamo dato in queste settimane 35 miliardi di euro per le forniture di gas, all'Ucraina di Zelensky abbiamo offerto un miliardo in aiuti militari per difendersi dalle bombe russe che i russi pagano (anche) con i nostri miliardi. La contraddizione è evidente: stiamo finanziando il nemico più di quanto facciamo con i nostri amici con un rapporto incredibile di uno a trentacinque. In questo paradosso è racchiuso il dilemma in cui si sta macerando, e avvitando, l'Italia non meno che gli altri Paesi europei gas dipendenti, cioè praticamente tutti. Ma non è che siamo impazziti, è che la nostra solidarietà con il popolo ucraino non può non fare i conti con la realtà e le responsabilità che il governo ha innanzitutto nei confronti dei suoi cittadini.

 

 

Un distacco brusco dal gas russo - circa il 40 per cento del totale consumato oggi in Italia - provocherebbe un altrettanto brusco rallentamento dell'economia (senza energia sufficiente le fabbriche, e non solo quelle, vanno in crisi) al punto che si calcola una perdita di circa trecentomila posti di lavoro per il primo anno e più o meno altrettanto nei successivi; la disoccupazione, a sua volta, crea disagio sociale e ostilità contro chi l'ha generata, in prima battuta il governo ma più in generale la giusta causa dell'Ucraina. Le conseguenze sarebbero quindi devastanti da tutti i punti di vista, il gioco insomma non varrebbe la candela. Anche perché, altro snodo paradossale, con una crisi devastante in casa non avremmo neppure più il miliardo che oggi inviamo a Kiev.

 

 

Pagare Putin per aiutare noi e l'Ucraina è una condizione per quanto assurda al momento ineludibile, figlia di una miope gestione del problema energetico portata avanti per anni dai nostri governi. Il tutto è ben riassunto in un tweet che circolava ieri in rete di tale Simona: «Sono una giovane madre, viviamo - uno dei miei figli è autistico - in 59 metri quadri e mio marito ha un lavoro precario e guadagni incerti, per il Covid abbiamo avuto quattro lutti in due anni. Chi mi parlerà di altri sacrifici per la guerra si prenderà uno sputo». Ecco, Enrico Letta prima di proporre soluzioni suicide dovrebbe fare due chiacchiere con Simona. Fino a che è possibile evitiamo di aprire un fronte interno, che quello ucraino non ne avrebbe alcun giovamento.

 

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