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Roma-Budapest, quel feeling e la simpatia tra due popoli: viaggio alle origini di un sentimento

Giancarlo Mazzuca
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Diciamo la verità: nel corso degli anni, gli italiani hanno continuato ad avere una certa simpatia per gli ungheresi. Tutto cominciò nell'Ottocento quando i nostri avi del Lombardo-Veneto si sentirono accomunati agli abitanti di Budapest e dintorni perché erano tutti sottomessi alla corona degli Asburgo.

E anche quando i magiari finirono nell'orbita sovietica non venne mai meno l'"appeal" di quel popolo: come dimenticare le cronache dell'inviato Indro Montanelli durante la rivoluzione d'Ungheria del 1956? Soltanto negli ultimi tempi- da quando, cioè, il presidente Orban ha spostato il baricentro della politica estera sempre più in chiave anti-europea - sembrava che gli italiani avessero preso decisamente le distanze dai vecchi "cugini". Ma i fatti di quest' anno, con la guerra in Ucraina, stanno facendo cambiare opinione a tanti di quei "signor Rossi" che si erano un po' raffreddati con quelli che vivono dalle parti del Danubio. Quali i motivi di questo riavvicinamento? Semplice: sono sempre più numerosi i connazionali che, sulle sanzioni economiche Ue contro Mosca, si trovano oggisullo stesso fronte di Orban pronto a dire "no" alle misure di ritorsione ritenendole più controproducenti per l'Europa che per la Russia. E il leader ungherese ha detto "sì" al sesto pacchetto di sanzioni solo ai tempi supplementari dopo aver ottenuto che il patriarca Kirill non fosse toccato dai provvedimenti.

Ma perché Orban è così rigido nei confronti di Bruxelles? Nessuno può negare l'effetto-boomerang delle misure anti-Putin per un motivo semplice: i russi continuano ad avere tante risorse interne e possono così resistere alle sanzioni senza i problemi di coloro che varano le sanzioni. Non solo: i provvedimenti finora adottati hanno finito per dare ulteriore forza alla spirale inflazionistica che, nel Belpaese, ha raggiunto il 6,9% riportandoci ai livelli del 1986.

Non è un caso che il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco - all'assemblea annuale del 31 maggio che una volta veniva chiamata "messa cantata" - abbia cantato una specie di "de profundis" della nostra economia. In particolare, il "numero uno" di via Nazionale ha sottolineato un fatto: siamo tra i più colpiti dai rincari del gas che, tanto per cambiare, viene importato soprattutto dalla Russia. Ecco perché, quando Orban (unico tra i 27 partner) dice "no" alle sanzioni, forse qualche ragione ce l'ha davvero.

Tenendo conto, al di là degli eccidi e dei tragici bollettini di guerra dall'Ucraina, di tutto questo, si fa quindi sempre più assordante la voce di coloro - e non solo quella degli ungheresi - che oggi insistono sulla necessità di avviare davvero i negoziati di pace dopo tante parole ma, per farli decollare, bisognerà dire "no" a nuove sanzioni: per aprire la strada al dialogo non ci sono alternative. 

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