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Bettino Craxi, trent'anni fa la profezia (perfetta) sui mali dell'Italia

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Francesco Carella
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Partiamo brutalmente dai numeri: in Italia fra il '92 e il '93 ricevono un avviso di garanzia con l'accusa di avere violato la legge sul finanziamento pubblico ai partiti 385 deputati e 155 senatori, tutti membri, tranne qualche eccezione, dell'allora maggioranza di governo.

Durante quel biennio avvenne ciò che non si era mai visto in un Paese democratico dell'Occidente ovvero la decapitazione di un'intera classe dirigente per mano di un gruppo di magistrati convinti di potere estirpare, invia definitiva, la malapianta della corruzione dalle attività pubbliche. Eppure, vi fu chi nel pieno della tempesta di quei mesi ebbe la lucidità intellettuale per invitare l'intero Parlamento a riflettere sul fatto che la crisi fosse di ordine sistemico e che essa richiedesse una soluzione politica.

Infatti, giusto trent' anni or sono- il 3 luglio 1992 - Bettino Craxi pronuncia un discorso alla Camera dei deputati che andrebbe riletto oggi alla luce di quanto accaduto nei decenni successivi. «Si è diffusa nel Paese, nella vita delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni - afferma il segretario del Psi- una rete di corruttele grandi e piccole che segnalano uno stato di crescente degrado della vita pubblica... all'ombra di un finanziamento irregolare ai partiti fioriscono e s' intrecciano casi di corruzione e concussione che come tali vanno definiti, trattati, provati e giudicati.

D'altra parte ciò che bisogna dire (tutti lo sanno benissimo) è che buona parte del finanziamento politico è stato ed è illegale. Ciò premesso, un finanziamento illegale non è e non può essere utilizzato da nessuno come un esplosivo per fare saltare un sistema istituzionale, per delegittimare una classe politica, per creare un clima nel quale di certo non possono nascere né le correzioni che s' impongono né un'opera di risanamento efficace, ma solo la disgregazione e l'avventura».

Il discorso del leader socialista non venne colto nel suo significato politico centrale né in Aula né presso una pubblica opinione sempre più proclive a una forma di giustizia da consumare attraverso le urla di piazza. E dire che dalle parti di Botteghe Oscure avevano di che preoccuparsi anche perché consapevoli dell'ingente flusso di denaro che da Mosca arrivava a Roma fin dalla fine degli anni '40. Negli anni fra il 1973 e il 1979, secondo la documentazione esaminata dallo storico Victor Zaslavsky, giunge nelle casse del Pci una somma di 33 milioni di dollari.

Se timori vi erano in casa comunista per "l'oro di Mosca" essi furono risolti in parte con la legge di amnistia dell'autunno 1989 e in parte attraverso la scelta di appoggiare senza riserve l'azione della Procure. Nascono, in tal modo, le due anomalie che ancora condizionano la vita pubblica del Paese: la "politicizzazione della magistratura" e la strumentalizzazione delle inchieste da parte della sinistra per liberarsi degli avversari. Fu così che non ci furono «né correzioni né opere di risanamento, ma prevalsero la disgregazione e l'avventura». Chi oggi parla di singolarità della storia italiana rispetto alle altre democrazie dovrebbe chiedersi se non ci sia un rapporto fra queste singolarità e il carattere anomalo degli avvenimenti del biennio '92-'93.

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