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Carfagna e Gelmini? Sallusti: specchietto per le allodole di Carlo Calenda

Alessandro Sallusti
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Il pifferaio magico dei moderati di centrodestra getta la maschera e torna all'ovile. Carlo Calenda, dopo avercela menata per mesi sul suo essere alternativo alla sinistra, ha gettato la maschera e annunciato il suo ritorno nella casa del Pd. Alle elezioni correrà al fianco di Letta, di Fratoianni e di Di Maio trascinando con sé come specchietto per le allodole, a uso degli elettori tradizionalmente di Centrodestra, i fuoriusciti di Forza Italia tipo Gelmini e Carfagna. La grande ammucchiata tipo Ulivo di prodiana memoria, insomma, si è alla fine composta: più che le idee alla fine ha come sempre prevalso il calcolo delle poltrone, che anche se non si vince per cinque anni più ne hai e più stipendi si garantiscono. 

 

Altro che grande centro, i fanatici della famosa "agenda Draghi" si accasano a sinistra, che non è esattamente il luogo dove quell'agenda fu scritta. Ma i problemi iniziano adesso perché il sacrificio in termini di posti che Letta ha imposto al suo Pd per tenere tutti insieme va ben oltre il previsto e perché un minuto dopo la chiusura dei seggi comunque vada riprenderanno rivalità e divisioni come prima e più di prima. A occhio per il Centrodestra è meglio così: un Calenda fintamente collocato in un ruolo super partes tra i due blocchi avrebbe potuto attirare sudi sé voti in libertà di moderati scettici o indecisi ma non al punto da essere disponibili a tracciare - come ora è chiaro dovrebbero fare - una "x" nella parte della scheda dominata dal Pd. 

 

E vedremo viceversa quanti elettori di sinistra saranno disponibili a votare l'ammucchiata sapendo che stanno mandando in parlamento nemici storici e giurati quali sono i transfughi di Forza Italia arruolati da Calenda. Tra tutti, al momento, il più coerente e coraggioso da quelle parti è Matteo Renzi che insiste nell'idea della corsa solitaria piuttosto che scendere a patti indecenti e probabilmente umilianti, una sorta di "Letta stai sereno" bis che suona come ben poco augurante per la gioiosa macchina da guerra della sinistra che schiera una dozzina tra generali e colonnelli ma che, dicono i sondaggi, non pare in grado- tanti sono i compromessi al ribasso - di fare breccia nel cuore degli italiani, neppure in quelli che battono da quelle parti.

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