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Calenda strappa e Meloni stappa: la fine di una breve e sinistra storia d'amore

Giovanni Sallusti
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Ma che bella coalizione. C'era Letta che aveva convinto Calenda ad allearsi con lui e quello, pur accettando la coalizione ampia, aveva posto la condizione di non candidare nell'uninominale Di Maio e tantomeno Fratoianni e Bonelli, che poi avevano fatto l'accordo col Pd (ma mica con Calenda), il primo per governare, i secondi neppure per quello, solo a fine elettorale. Il Pd, per tenerli buoni, anzi bonini e bonelli tutti, aveva messo all'asta i suoi collegi un tanto al chilo: 24% ad Azione/+Europa, 13% a Sinistra Italiana e Verdi, 4% a Giggino e al suo Impegno Civico. Cosa non si faceva pur di battere "le destre"...

In questo guazzabuglio ieri succedeva che +Europa di Bonino mollava Carletto dei Parioli, dicendo che loro comunque andavano col Piddì. Mentre Calenda poco dopo, mogio mogio, andava dall'Annunziata a fare il grande Annunzio: niente, si era sbagliato a firmare l'accordo con Letta, era stato ingenuo perché pensava che d'improvviso Fratoianni e Bonelli erano diventati convinti liberali e avrebbero ammirato l'agenda Draghi anziché usarla per altre funzioni... E così lui, per onestà e coerenza, faceva una scelta «seeeria», come dice di lui Crozza quando gli fa la parodia: contrordine compagni (pardon, liberali), torniam da soli al centro, senza Emma ed Enrico, forse con l'arci-odiato Renzi.

La storia d'amore tra Letta e Calenda non è durata manco una settimana, meno di un flirt estivo. Cinque giorni e poi ti ho perso. Chissà se il posto di Carlo, nel cuore di Enrico, sarà rimpiazzato dalla vecchia fiamma Giuseppi. Intanto Calenda strappa e la Meloni stappa.

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