'Ndrangheta: collaboratrice giustizia tenuta sempre sotto controllo, pure al cimitero
Reggio Calabria, 31 lug. (Adnkronos) - Giuseppina Multari non poteva nemmeno andare a piangere sulla tomba del marito senza che una delle sue carceriere la accompagnasse. E' quanto emerge dal pesante quadro ricostruito dai Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dalla Direzione distrettuale antimafia nell'indagine che ha portato all'arresto di 16 persone tra Rosarno, l'Olanda e la Germania. La collaboratrice di giustizia, dopo la morte del marito, è stata aggredita fisicamente e psicologicamente dal suocero. La famiglia di Antonio Cacciola, sul cui suicidio non tutto è ancora chiarito, esercitava una sorta di diritto di proprietà sulla donna, limitandone al massimo la libertà di movimento. Le violenze, anche immateriali, a cui Giuseppina Multari era sottoposta, avevano causato uno stato di incapacità di autodeterminazione. Era sempre sorvegliata dalla suocera o dalla cognata, che andavano con lei persino al cimitero per piangere sulla tomba del marito di cui ha ammesso di essere molto innamorata. Le è stato impedito di accompagnare le figlie a scuola e di scegliere il medico da cui farsi curare. Persino i contatti con la madre erano controllati dalla famiglia Cacciola che ne determinava pure il tempo massimo al momento in cui il portone d'ingresso della palazzina veniva chiuso per la notte.