Medicina: Firenze, via cancro prostata e impiantata protesi pene a uomo 60 anni
Roma, 30 ago. (Adnkronos Salute) - Rivoluzionario intervento chirurgico all'ospedale Santissima Annunziata di Firenze. L'equipe guidata dall'urologo Riccardo Bartoletti, affiancato da Nicola Mondaini, ha impiantato su un paziente 60enne una protesi al pene contemporaneamente alla prostatectomia radicale extraperitoneale: in altre parole, mentre e' stato asportato il tumore che aveva aggredito in maniera estesa la prostata dell'uomo, sono stati impiantati un serbatoio, una pompetta e due cilindri in silicone rivestiti da uno strato antibiotico che fanno da corpo cavernoso in grado di permettere all'uomo di avere erezioni e una vita sessuale normale. E tutto questo in laparoscopia, con appena 5 forellini addominali, necessari anche solo per l'intervento base alla prostata, e uno a livello dello scroto, che a 28 giorni dall'intervento non mostrano nemmeno una cicatrice. Il buon risultato dell'operazione, finora giudicata difficilmente praticabile e densa di controindicazioni, ha indotto gli urologi fiorentini a ripeterla su due pazienti piu' giovani e a programmarne altre 2 nelle prossime settimane. A un mese circa dagli interventi - spiega l'Azienda sanitaria di Firenze - due dei tre pazienti erano completamente continenti e in grado di avere una sessualita' come prima dell'operazione, e solo uno e' ancora sotto controllo dei medici in attesa della completa guarigione. "L'assoluta novita' dell'intervento - spiega Bartoletti - e' data dalla simultaneita' dell'asportazione del tumore con l'impianto di tutte le componenti della protesi che agisce meccanicamente proprio come una pompa idraulica. Finora infatti nel 50% dei casi di prostatectomia in cui non e' possibile conservare i fasci nervosi essenziali per il meccanismo dell'erezione, una protesi peniena veniva impiantata solo dopo 2-3 anni dalla rimozione del tumore, limitando solo in qualche caso la sistemazione in contemporanea del serbatoio nell'addome vicino alla vescica. La rinuncia ad un intervento unico che affrontasse in una sola soluzione tutte le problematiche era motivata principalmente dall'estrema sofisticazione della metodica e dal forte rischio di complicazioni infettive che avrebbe reso necessario rimuovere la protesi peniena". (segue)