Mafia: pm Di Matteo, Quirinale assecondò tentativo Mancino di condizionare giudici
Palermo, 12 gen. (AdnKronos) - "C'è il tentativo del privato cittadino Nicola Mancino di influire e condizionare l'attività giudiziaria degli uffici del pm e addirittura le scelte di un collegio di giudici, ebbene quel tentativo invece di essere doverosamente stoppato in partenza, venne assecondato e alimentato dal Quirinale e per quello che l'allora consigliere giuridico Loris d'Amborsio riferisce a Mancino, dallo stesso Presidente Napolitano in persona". E' l'atto di accusa del pm Nino Di Matteo nel corso della requisitoria del processo sulla trattativa tra Stato e mafia in corso a Palermo. "Tutto ciò in un contesto, al di là di tutte le apparenze di un coordinamento dei vari uffici già realizzato" l'obiettivo, secondo il pm "era quello di evitare il confronto". E per rafforzare la sua tesi, il pm Nino Di Matteo legge in aula una serie di intercettazioni tra Loris D'AMbrosio, nel frattempo deceduto, e Nicola Mancino, risalenti alla primavera del 2012. Mancino era molto preoccupato dall'inchiesta sulla trattativa fra Stato e mafia. “Il presidente ha preso a cuore la questione”, diceva il braccio destro di Napolitano, Loris D'Ambrosio, a Nicola Mancino. Poi aggiungeva: “Bisogna intervenire su Pietro Grasso”. In una telefonata riportata si leggeva: “Posso parlare col presidente (Napolitano, ndr) che ha preso a cuore la questione – dice D'Ambrosio – ma mi pare difficile che possa fare qualcosa. L'unico che può dire qualcosa è Messineo. L'altro è Grasso. Ma il pm Nino Di Matteo in udienza è autonomo. Intervenire sul collegio è una cosa molto delicata…”. Mancino, secondo la Procura, avrebbe telefonato insistentemente, anche a D'Ambrosio e al procuratore di Palermo Messineo, per tentare di evitare il confronto a cui i magistrati volevano sottoporlo, con Claudio Martelli. "L'unica cosa è parlare con il procuratore nazionale antimafia", diceva D'Ambrosio. Ma Mancino era preoccupato dai possibili confronti in tribunale.