Ricattato sul web da finto poliziotto, si toglie la vita
Cagliari, 23 gen. – (Adnkronos) - Era stato ricattato da un finto ispettore della Polizia postale dopo aver pubblicato annunci sul web a sfondo sessuale. Ma quando, dopo aver pagato 5 mila euro di 'multa', è stato minacciato di ripercussioni sul lavoro non ha retto alla pressione e si è tolto la vita. E' partita lo scorso anno dal suicidio sospetto di un giovane di un paese del Nuorese l'indagine dei Carabinieri del Comando provinciale di Nuoro che ha smantellato una banda di cybercriminali e si è conclusa con l'arresto di 16 persone (due in carcere e 14 ai domiciliari), un indagato all'obbligo di dimora, 4 denunciati e il sequestro di beni mobili e immobili per 100mila euro. Gli arresti sono stati effettuati nelle province di Torino, Vercelli e Catania, in collaborazione con i rispettivi comandi provinciali dell'Arma. L'INCHIESTA - A far scattare l'inchiesta, la morte improvvisa del giovane sardo, che ha spinto i genitori a rivolgersi informalmente ai Carabinieri per fare luce sul suicidio del figlio. Le indagini, coordinate dal pm Giorgio Bocciarelli, hanno portato i militari a scoprire una serie di elementi sulla vita sui social del ragazzo, e in particolare alcuni dettagli nei suoi profili e la pubblicazione di annunci sui siti d'incontri. E' emerso così che il giovane, in attesa di essere assunto in una struttura sanitaria, era stato ricattato da un sedicente ispettore della polizia che, minacciandolo di ripercussioni sul lavoro, gli aveva estorto denaro per il pagamento di contravvenzioni per inesistenti violazioni connesse alla pubblicazione degli annunci a sfondo sessuale, inducendolo a pagare, prima di togliersi la vita, quasi 5.000 euro. La Procura della Repubblica, a carico del capo della banda, ha ipotizzato il delitto di morte come conseguenza di altro reato. Si tratta di un 39enne di Torino, ma di origine sarda, S.A., con precedenti specifici, che si presentava alle vittime come "Matricola ER432, Ispettore Gigliotti Marco della Polizia Postale di Roma". Il suo aiutante è stato individuato invece in Francesco Reina, 31enne originario di Catania e residente a Torino. Entrambi sono finiti in carcere. I militari tracciando il movimento del denaro estorto e dalle comunicazioni informatiche sono riusciti a identificare in Atzori e Reina i capi dell'associazione criminale radicata tra Torino e Vercelli che operava in tutto il nord Italia. LE TRUFFE - La banda contattava gli inserzionisti di siti di incontri rubando i profili e acquisendo informazioni personali. La vittima designata veniva quindi contattata dal sedicente Ispettore Gigliotti che la informava di una denuncia per inesistenti violazioni e che si sarebbe ritorta sulla vita privata, lavorativa o professionale dell'inserzionista. "Il truffatore - si legge nell'ordinanza - che fa largo uso di terminologie in uso alle forze dell'ordine, una volta conquistata la fiducia della vittima, rappresenta la possibilità che l'azione penale possa essere archiviata con il pagamento di una multa tramite PostePay ma, in caso di ingenti somme (anche 20mila euro), avvenne in contanti con la messa in scena di operazioni di polizia con finte auto civetta. Il movimento del denaro sulle PostePay e sui conti correnti on line è stato vorticoso e frenetico per far perdere le tracce dei pagamenti e spesso veniva immediatamente utilizzato per l'acquisto di droga o auto di lusso". I Carabinieri nuoresi, in 4 mesi di intercettazioni e riscontri, hanno scoperto circa 600 vittime e in 45 casi, documentati, la banda è riuscita nel suo intento intascando uno o più pagamenti. Le vittime venivano letteralmente dissanguate, in alcuni casi però il tempestivo intervento dei Carabinieri è stato risolutivo.