Cerca
Cerca
+

Mafia nigeriana: 'Io, costretta a prostituirmi anche mentre aspettavo il mio bimbo'

AdnKronos
  • a
  • a
  • a

Palermo, 4 apr. (AdnKronos) - Costretta a prostituirsi dalla mafia nigeriana, anche mentre era in stato di gravidanza. E persino appena una settimana dopo il parto. E' la terribile storia che vede come protagonista una giovane nigeriana che oggi vive alla Caritas di Palermo. "La mia storia inizia il 7 giugno del 2014 quando ero in Nigeria. Lì, avendo problemi economici decisi di raggiungere l'Europa e così mi rivolsi alla mamma di una mia amica che poi fece il viaggio insieme a me e questa mi prospettò la possibilità di andare in Europa...". Inizia così la storia dolorosa di B. E' stato grazie anche alle sue dichiarazioni che gli investigatori sono riusciti a fare luce sulla cellula 'Eiye' con il fermo di sette persone, mentre altre sei sono ancora ricercate. "Pur di allontanarmi per ragioni economiche dalla mia patria- racconta ancora B. -accettai la proposta di partire allettata anche dal fatto che la mamma della mia amica mi prospettò di lavorare nel bar di sua sorella che si trovava in Italia. Prima di essere inviata in Italia fui sottoposta insieme ad altre ragazze ad un rito voodoo nella città di Edo State". "Ci hanno fatto dei tagli e ci hanno fatto bere qualcosa - spiega ancora la ragazza -Nel corso del rito abbiamo giurato di pagare la somma di 25.000 euro ciascuno. Siamo partiti il 7 giugno 2014 da Edo State in un autobus ed eravamo tre ragazze e quattro ragazzi, abbiamo preso un altro mezzo ed abbiamo attraversato il deserto del Niger per arrivare in Libia". "In Libia siamo stati ospitati a casa di un uomo a Saba e poi da lì a Tripoli dove siamo rimasti per tre giorni. Poi siamo stati trasferiti in un campo dove siamo rimasti due settimane appena il tempo lo ha permesso ci siamo imbarcati in un gommone tutti e sette. Dopo qualche ora di navigazione siamo stati salvati da una nave e portati in Italia dove siamo sbarcati a Reggio Calabria il 4 agosto 2014". Pochi giorni dopo l'arrivo al centro di accoglienza, "una persona ci ha fatto uscire dal centro e ci ha portate a Bari. Quando siamo arrivate a Bari noi tre ed Osasu siamo andate a vivere tutti nella stessa". Ed è stato qui che B. ha scoperto che non sarebbe andata a fare la cameriera ma la prostituita. "Friday ci picchiava e minacciava di morte se non avessimo obbedito gli dovevamo dare i suoi 25 mila euro- dice - Ci intimidiva tramite le credenze del rito voodoo a cui eravamo state sottoposte dicendoci che saremmo morte. A metterci i preservativi in borsa e ad accompagnarci per strada a lavorare fu la compagna di Friday di nome Jessica Dopo due mesi che ero a Bari mentre Jessica era in Nigeria sono rimasta incinta di Friday con cui non ho mai avuto una relazione affettiva ma praticavo sesso contro la mia volontà. La moglie di Friday stava male ed è morta nel febbraio del 2015 per un problema ai reni". "Ho continuato a prostituirmi anche in gravidanza poiché Friday mi minacciava e picchiava se non lo facevo", racconta ancora tra le lacrmine B. "Quando ho partorito, dopo circa una settimana, sono stata costretta nuovamente a prostituirmi fino a quando ho ascoltato il consiglio telefonico di mia mamma e mi sono rifiutata di continuare". Ma Friday "si è molto arrabbiato per la mia decisione ed ha iniziato a picchiarmi violentemente per convincermi a riprendere a prostituirmi - dice - Mi ha picchiata per circa due mesi di seguito mi dava sia schiaffi che colpi di cintura in tutto il corpo spesso in presenza della mia connazionale ed amica Glory che inerme ha assistito a queste percosse".

Dai blog