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Migranti: Di Giacomo (Oim) smentisce testimone torture, 'Ma a Zawyia non abbiamo container'

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AdnKronos
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Palermo, 16 set. (AdnKronos) - (di Elvira Terranova) - "Nel campo di Zawyia, in Libia, non abbiamo dei container dell'Oim. L'unico container in Libia lo abbiamo in un centro a Tripoli per i casi di Tbc, ed è molto vicino al container dell'Unhcr. Tutta questa storia stona un po'...". A dirlo, in una intervista all'Adnkronos, è Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Oim, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, la principale organizzazione intergovernativa in ambito migratorio, che smentisce con forza quanto affermato da un testimone, una delle vittime degli aguzzini nel centro di detenzione libico di Zawyia, che hanno fatto arrestare tre persone, in cui parla anche della presenza di un container e di un uomo "con la casacca dell'Oim". Una vittima, parlando con i magistrati di Agrigento, racconta: "Con mezzi di fortuna, io e gli altri migranti, siamo giunti a Zawyia il 5 giugno 2018. Dovendoci recare in via Elmoktar, poiché ci avevano detto che lì si poteva trovare lavoro, abbiamo chiesto ad un tassista di accompagnarci. Purtroppo, il tassista, approfittando della nostra buona fede, ci portava in un'altra destinazione, ovvero in una base militare. L'area era recintata con degli alti muri". "Accedevamo tramite un grande portone blu. All'interno, l'area si presentava divisa per settori: a destra vi era la direzione e a sinistra vi erano gli alloggi delle guardie. Entrando a sinistra vi era l'area delle donne, poi quella degli africani dell'Est, e poi quella dei sub-sahariani. A destra vi era un campo di calcio dove vi erano tanti bambini, poi un container dei medici ed infine un container dell'Oim", racconta il testimone. Ma l'Oim, attraverso il suo portavoce Di Giacomo smentisce con forza la presenza di un container in quel centro di detenzione. Non solo. Lo stesso testimone riferisce ancora agli inquirenti: "In quest'ultimo container vi era un libico, tale Mohamed, che aveva un barba lunga e vestita in abiti militari, in quanto sulle spalline aveva una stella e tra barre. Egli aveva un aiutante, verosimilmente sudanese, che indossava la casacca dell'Oim e che parlava inglese e arabo. Tale area era collegata, tramite un portone, a un'altra base militare operativa, in quanto lì vi erano i militari ed anche i carri armati. Tale base era in prossimità del mare e di una raffineria. All'interno potevamo essere circa 500 persone, uomini, donne e circa 15 bambini". Ma anche qui Di Giacomo smentisce questa versione dei fatti: "L'Oim non fa da aiutante a chi ha le stellette. Entra ed esce dal campo perché la nostra è solo una presenza touch and go, non c'è una presenza fissa, entriamo in questi centri tre ore al giorno e non tutti i giorni". Ma assicura che l'organizzazione "chiederà subito informazioni".

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