In Sardegna 80% malati reumatici costretto a lasciare lavoro
Roma, 15 ott. (Adnkronos Salute) - In Sardegna, in 8 casi su 10, le persone con patologie reumatologiche sono costrette, a causa della malattia, a dover abbandonare il proprio lavoro e/o a ridurre l'attività lavorativa. Più della metà dei pazienti (50,9%) non ha mai fatto una visita per il riconoscimento del proprio grado di invalidità o non lo conosce. Il 66,7% (7 persone su 10) non ha informazioni su agevolazioni, diritti e benefici previsti dalle leggi 68/99 e 104. Sono alcuni dei dati più interessanti dell'indagine Apmarr-WeResearch 'Vivere con una malattia reumatica', presentati oggi durante il convegno 'La reumatologia in Sardegna: luci e ombre' a Cagliari. Il 10% dei sardi (160 mila persone circa) convive con una patologia reumatica. "L'impatto di una malattia reumatica sulla condizione lavorativa dei pazienti sardi è molto grave e limitante - spiega Mariella Piredda, referente Apmarr (Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare) Regione Sardegna - la nostra è la Regione italiana con la situazione più grave in termini di effetti negativi della malattia sulla condizione lavorativa. L'80% circa delle persone con patologie reumatologiche è costretta a ridurre, parzialmente o in maniera significativa, la propria attività lavorativa o addirittura a dover abbandonare il proprio posto di lavoro. Perdendo il lavoro si perdono purtroppo anche quei diritti, agevolazioni e benefici sanciti dalla legislazione giuslavoristica italiana con la legge 68/99 (Categorie protette di collocamento) e dalla legge 104". "Purtroppo, però - prosegue - in Sardegna più di 7 persone su 10 con malattie reumatiche non sono informate su questi strumenti legislativi e in più della metà dei casi non conoscono il proprio grado di invalidità o, addirittura, non hanno mai fatto una visita per il suo riconoscimento. La Sardegna è la seconda Regione meno informata sulle agevolazioni, diritti e benefici. Questa scarsa conoscenza - conclude - preclude ai pazienti la possibilità di veder riconosciuti i propri diritti di lavoratori. Serve uno sforzo da parte di Istituzioni, media, medici e aziende a favore di una corretta e puntuale informazione sul tema, troppo spesso sottovalutato, della condizione dei lavoratori affetti da patologie reumatiche". "Dalla ricerca emerge una situazione decisamente allarmante per la Sardegna - commenta Matteo Santopietro, managing director di WeResearch - possiamo ragionevolmente affermare che le criticità qui rilevate dipendano principalmente da un aspetto che è stato più volte messo in luce nella ricerca: una bassa informazione. Una bassa informazione dei diritti e delle tutele previste dalle leggi 68/99 e 104 fa sì che le persone non parlino sul luogo di lavoro della loro malattia e, se ne parlano, non affrontano il discorso dei loro diritti, perché hanno una conoscenza insufficiente o in molti casi nulla. Le persone quindi si chiudono in se stesse cercando di sopportare il dolore quotidiano. Questa condizione di isolamento, mancanza di dialogo e paura di parlare della propria condizione e di far valere i propri diritti, è alla base degli alti valori degli stati d'ansia e depressione (68,9%) rilevati in Sardegna". Alla presentazione dei risultati dell'indagine è intervenuto anche Alberto Cauli, direttore della Struttura complessa di reumatologia del Policlinico di Monserrato e direttore della Scuola di specializzazione in Reumatologia dell'Università di Cagliari, che ha ricordato gli straordinari progressi ottenuti in campo terapeutico negli ultimi anni grazie alla disponibilità di numerosi farmaci innovativi che consentono di ottenere un controllo di malattia ottimale: "La disponibilità di diversi medicinali - ha detto - rappresenta un'importante opportunità perché, come noto, alcuni pazienti rispondono all'inibizione di alcuni mediatori di flogosi ma non ad altri e viceversa. In altre parole, non tutte le medicine vanno bene per tutti e ogni paziente necessita di un approccio personalizzato. Su questi presupposti, recentemente, è nata la medicina di precisione che prevede un trattamento 'sartoriale' per ogni singolo paziente rispetto a un approccio uguale per tutti". La giornata è stata anche l'occasione per promuovere l'apertura della nuova sede regionale di Apmarr in Sardegna: "Siamo orgogliosi di poter annunciare oggi l'inaugurazione di una nuova sede regionale sul territorio sardo - dichiara Antonella Celano, presidente di Apmarr - che va a rafforzare ancora di più la presenza dell'associazione sul territorio nazionale. Sempre al fianco delle persone con malattie reumatiche per aiutarle a migliorare la qualità della loro vita. Una qualità di vita che dipende anche dalle possibilità, per i pazienti, di avere accesso ai farmaci necessari per le loro cure e che purtroppo in Sardegna, nelle ultime settimane, era stata messa a serio rischio a causa della mancata erogazione da parte di alcune Asl (Olbia, Carbonia-Iglesias, Nuoro, Oristano) dei farmaci biologici, per colpa del mancato rifinanziamento del budget". "Il problema - assicura - è in via di risoluzione e ci auguriamo che il nostro appello lanciato dieci giorni fa permetta ai pazienti sardi di tornare a curarsi con regolarità. Vigileremo affinché venga garantito l'accesso alle cure, venga attuato il piano della cronicità e vengano rispettati i Lea. Chiediamo all'assessore alla Sanità Mario Nieddu il coinvolgimento della nostra associazione all'interno dei tavoli regionali che dovranno occuparsi di istituire la rete di reumatologia e i Pdta".