Cassazione: il capo treno? puo' anche essere basso, stop a parametri rigidi

domenica 17 novembre 2013
Cassazione: il capo treno? puo' anche essere basso, stop a parametri rigidi
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Roma, 15 nov. - (Adnkronos) - La Cassazione dice stop ai parametri fisici troppo rigidi utilizzati per giudicare ad esempio un capo treno e, bocciando un ricorso di Trenitalia, stabilisce che Marilena P. è idonea in tutto e per tutto alle mansioni di capotreno nonostante la sua altezza sia inferiore di qualche centimentro al metro e sessanta. Piazza Cavour, invitando a lasciare da parte le tabelle troppo rigide sui requisiti fisici per i vari profili professionali, sottolinea che "il giudice deve valutare in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni, attraverso l'accertamento di quali siano le mansioni a cui il lavoratore interessato potrebbe essere addetto e se le stesse potrebbero essere espletate nonostante una statura inferiore a quella richiesta". La donna, nonostante avesse superato il test attitudinale in un regolare concorso pubblico, si era vista negare l'incarico - a partire dal maggio 2004 - da Trenitalia secondo cui, decreto ministeriale dell'86 alla mano, "l'insufficienza della statura avrebbe potuto influire negativamente su due specifiche operazioni, quali la discesa del treno fuori dalla stazione per l'ampiezza del predellino della massicciata e l'azionamento della leva di emergenza collocata sopra le porte delle carrozze". Insomma, per Trenitalia non si trattava di 'discriminare' la donna ma di "tutelare al meglio la sicurezza della circolazione ferroviaria". La Suprema Corte ha risposto 'picche' a questa tesi difensiva e ha evidenziato che "la Corte territoriale ha svolto la necessaria indagine, escludendo che le mansioni che Marilena P. sarebbe stata chiamata a svolgere, secondo il profilo professionale di capo servizio treno, richiedessero necessariamente un'altezza minima di m. 1.60; ciò ha fatto svolgendo un percorso esaustivo e coerente con le conclusioni che ne sono state tratte e immune da vizi logici". Convalidata in questo modo la decisione della Corte d'appello di Roma del 2010.