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L'Università di Obama: i giovani non credono più in lui

L'Istituto di Politica di Harvard, ateneo di Barack, scarica il presidente: nel 2008 vinse per gli under 29, che ora sono delusi

Giulio Bucchi
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I giovanissimi sono stati l'arma in più di Obama nel 2008, che li conquistò con gli slogan inafferrabili della speranza e del cambiamento. Ora questo ordigno appare scarico, e a dirlo è  l'insospettabile Istituto della Politica della Università di Harvard, Alma Mater di Barack che nell'ateneo del Massachusetts è stato direttore della Rivista di Legge. In un sondaggio appena diffuso, condotto tra persone dai 19 ai 29 anni, il 36% crede che Obama non rivincerà la Casa Bianca, più del 30% che crede nel bis. Se il pessimismo si insinua in questa fetta di elettori soggettivamente portati all'entusiasmo significa che il disincanto per la prestazione dei primi tre anni del presidente nero sta prendendo piede, e le conseguenze per lui potrebbero essere molto negative il prossimo novembre. I giovanissimi, che tra i 19 e 23 anni sono alla loro prima esperienza alle urne, vedono Mitt Romney come il candidato repubblicano più favorito per la nomination, e poi lo fanno però perdere con un 26% di favori, contro il 37% pro Obama, nell'ipotetico confronto finale tra i due. Ma non è certo tra costoro che Romney può sognarsi il sorpasso secco: “perdere con onore” qui, equivarrebbe a vincere tra la popolazione generale. Fiacca tra i giovani, altro brutto segno per Obama, è anche la passione per Occupy Wall Street. E' il movimento su cui si è adagiato il Barack “socialista e ridistributore” dell'ultimo discorso alla Teodoro Roosvelt, quando si è accanito contro i ricchi e ha chiesto che paghino più tasse di quanto già non ne versino, perché il nemico numero uno è l'ineguaglianza. E pazienza se le statistiche mostrano che, per esempio a New York, i cosiddetti milionari e miliardari, che in realtà comprendono il 10% dei contribuenti con più di 105mila dollari (80mila euro, lordi….) versano oltre il 70% delle tasse di tutti. E se si scende all'1% dei contribuenti, effettivamente i più facoltosi, si vede che la loro quota di tassazione complessiva assicura circa la metà di tutti gli introiti del fisco. Il progressivismo c'è, e si vede. Ma torniamo a che cosa ne pensano degli indignati gli under 30 americani: due su tre, il 66%, dice che non segue per niente le vicende, le proposte, le idee di Occupy Wall Street e di tutti gli altri Occupy eccetera, fioriti ovunque, ma sempre in splendido isolamento dalla maggioranza della gente. Solo il 6% dice che ha seguito “molto” le dimostrazioni degli OWS, e il 26% lo ha fatto “così così”, senza costante partecipazione o interesse. In conclusione, solo il 21% ha detto di sostenere il movimento, contando sia i “militanti” sia chi condivide genericamente gli slogan. Che sono tanti e vaghi, non una piattaforma politicamente traducibile. “Questo sondaggio mostra chiaramente che gli under 30 sono sempre più preoccupati della direzione che sta prendendo l'America”, ha commentato Trey Grayson, direttore dell'Istituto della Politica di Harvard. “C'è l'opportunità per tutti i partiti politici e i candidati di  dialogare con questa generazione di elettori,  e di proporre loro di tornare a impegnarsi. Quelli che lo sapranno fare raccoglieranno i frutti nel 2012”. Insomma, i giovani non sono più l'orto sicuro su cui è fiorito Barack nel 2008. E' una apertura, e una sfida, per il GOP su cui nessuno avrebbe scommesso solo un paio di anni fa, quando l'egemonia del primo presidente nero nell'elettorato giovanile sembrava inattaccabile. Se la vince ha in premio la Casa Bianca. di Glauco Maggi twitter @glaucomaggi

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