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Romney contro Obama, capitalismi contro

La corsa alla Casa Bianca tra presidente e grande favorito tra i repubblicani sarà decisa dalle due opposte visioni economiche

Giulio Bucchi
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Sarà un tema che durerà anche nel confronto con Obama, quindi è bene che Mitt Romney, che ha stravinto in New Hampshire con il 40%, si prepari alla “guerra di classe”. Alludiamo alla difesa, non solo  e non tanto del suo stesso passato di finanziere, ma proprio della validità generale delle libere imprese nel sistema del capitalistico. Nel Diario di ieri martedì 10 avevamo riferito degli attacchi disperati degli avversari Newt Gingrich e Rick Perry. Oggi citiamo qualche esempio di successo della Bain Capital di Romney, e qualche suo fallimento. Perché questo e' il capitalismo, fatto di profitti e di perdite. A differenza del socialismo-comunismo, che non ha altro destino della uguaglianza nella povertà e della negazione della libertá,  il capitalismo non promette l'eden. E può anche degenerare, se non vengono rispettate le regole della concorrenza e del fallimento come strumento di efficienza, in “capitalismo di stato” (come quello cinese),  o in “capitalismo assistito, cogestito” (come quello italiano) dove vengono spesso privatizzati i guadagni e socializzate le perdite. E' molto probabile che nei dibattiti futuri, prima tra gli sfidanti del GOP, e poi tra Mitt (se vincerà come è assai probabile) e Barack per la Casa Bianca, vicende aziendali che prima trovavano posto solo sul Wall Street Journal diventeranno case history da prima serata. Se la campagna elettorale si arricchirà di approfondimenti sul funzionamento delle società finanziarie che costituiscono l'anima dell'economia reale, sarà un ottimo corso di educazione. La Bain, per esempio, mise i soldi che aveva in gestione dai suoi clienti investitori in una impresa, fondata da Tom Stemberg, che ebbe l'idea di vendere in grandi magazzini il materiale per uffici, che una volta veniva acquistato per posta. Poteva fallire o sfondare. Sfondò, oggi è la Staples, una catena nazionale di negozi con 90mila dipendenti. Altro esempio è la Bright Horizons, start up che, ora che si è affermata, gestisce i centri per la cura dei bambini con 700 clienti tra le maggiori corporation internazionali. E ancora la Gartner, che da divisione di una società di pubblicità è diventata una realtà indipendente da 3 miliardi di capitalizzazione. O la Steel Dynamics, che con i soldi della Bain fece un nuovo impianto e crebbe fino a essere adesso una impresa con 6mila dipendenti. Ma poi ci sono pure la Dade, che finì sotto la Bain in bancarotta, e perse 2000 posti di lavoro (prima di tornare profittevole ed essere acquistata per 7 miliardi di dollari nel 2007 dalla Siemens). Il saldo finale della Bain, che è quello che dovrebbe contare sul piano della società in generale, è dunque in forte attivo. Sarà davvero interessante il confronto tra lo statalismo di Obama, che sa tanto di Europa, le cui aziende verdi finanziate con i soldi pubblici Usa sono fallite (vedi Solyndra) e il privatismo di Romney, molto americano, con il “venture capitalism” finanziato dai soldi a rischio degli investitori. di Glauco Maggi twitter @glaucomaggi

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