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La casa rende ancorama solo all'estero

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Meno mutui e più costosi, in Italia fa affari chi ha liquidità. Troppe tasse, sugli affitti calano i guadagni. E allora si compra in Grecia, Spagna e Irlanda

Matteo Legnani
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  Toccategli tutto, ma il mattone no. Sarà per tradizione, per un endemico bisogno di sicurezze o perché negli anni è diventato uno status symbol, fatto sta che il rapporto tra gli italiani e la casa prescinde dal semplice valore economico. Lo dice la percentuale di proprietari di una prima abitazione, siamo all'82%, contro il 50% dei tedeschi. E lo confermano svariate ricerche: appena risparmiamo qualche euro, puntiamo le fiches sull'immobiliare.  Questo, almeno, succedeva fino a pochi mesi fa. Fino dell'avvento dell'Imu e delle nuove tasse imposte dal governo Monti. Oggi investire nella casa, da affittare o mantenere per poi rivendere, è diventato meno conveniente, ma gli italiani proprio non riescono a farne a meno. E così se le percentuali dei rendimenti nel Belpaese si assottigliano loro si precipitano oltreconfine (soprattutto in Spagna, Grecia e Croazia) per cercare di spuntare i guadagni di una volta. Rendimenti sempre più giù - Ma riavvolgiamo il nastro. Oggi conviene acquistare un immobile nell'ottica di rivenderlo? «L'orizzonte temporale – spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari - non è sicuramente di breve periodo. Volendo essere ottimisti, almeno fino a metà del 2013, non intravediamo prospettive di aumenti dei prezzi. Resteranno stabili solo le quotazioni degli immobili in buone condizioni». I motivi? «Innanzitutto il ristagno dei mutui. Il fenomeno più evidente si è verificato sugli immigrati. C'è un enorme bacino di  potenziali acquirenti, parliamo di 500-600 mila famiglie che potrebbero  pagare una rata da 700-800 euro al mese, ai quali in nove casi su dieci non viene concesso il prestito». Il fenomeno è arcinoto: a causa della crisi le banche hanno stretto i cordoni della borsa. Gli spread (cioè quanto l'istituto guadagna su un prestito) si sono allargati dall'1 al 3-3,50% nel giro di un anno e mezzo e il loan to value (il rapporto fra il mutuo richiesto e il valore dell'immobile) è passato dal 100% al 70-80%, fino a strette al 50-60%. «Ma c'è anche il rovescio della medaglia - continua Breglia -Chi dispone di liquidità e non deve accendere un mutuo può fare ottimi investimenti a prezzi convenienti. E, infatti, in questo momento vanno bene soprattutto le vendite per gli acquirenti con profili di portafoglio medio-alto». E se la compro per affittarla? - Da escludere. Oggi ci sono le peggiori condizioni possibili. Dei mutui si è già detto. Ma il vero salasso che colpisce il proprietario-locatore si chiama tassazione. «L'introduzione a metà del 2011 della cedolare secca (si paga il 21% per i contratti a canone libero e il 19% per i canoni concordati)  – spiega il segretario generale di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa – rispondeva a una nostra vecchia richiesta, ma la normativa, lo scorso anno, si è rivelata di difficile applicazione. Poi, proprio quando stava per produrre effetti positivi, è arrivata la mannaia dell'Imu e la riduzione dal 15 al 5% della deduzione forfettaria delle spese per i redditi da locazione».  In soldoni: fino alla fine del 2012 il proprietario di casa potrà dedurre il 15% dalla tassazione sul canone, ma dal primo gennaio del 2013 questa percentuale si ridurrà al 5%. Questo, ovviamente, riguarda tutti i canoni per i quali non si applica la cedolare secca, e non sono pochi. Ma torniamo all'Imu. Che aumenti ha comportato rispetto all'Ici? «C'è un doppio effetto: aumento della base imponibile (per gli immobili abitativi è del 60%) combinato con l'aumento delle aliquote». Nella tabella a fianco ci sono diversi esempi sui contratti liberi, ma per Spaziani Testa, «in alcuni casi, i contratti concordati a Venezia e Torino, i rincari sono arrivati al 2.000 e all'800%». «Tirando le fila – conclude Breglia – il rendimento medio lordo da locazione è sceso dal 4,8% del 2000 al 3,5% attuale perché i canoni sono diminuiti e le tasse aumentate».    Del resto, che i tempi siano magri lo testimonia anche un altro fenomeno di casa nostra: il boom, nel primo semestre del 2012, della vendita di immobili in nuda proprietà, più 10% rispetto al 2011. Cos'è successo? Che circa  80 mila anziani – sottolinea un'analisi della Spi-Cgil – hanno preferito monetizzare la cessione dell'immobile senza perdere il diritto ad abitarci. In altre parole: si vende la casa continuando a viverci dentro. E qui nasce un altro grande business, ovviamente riservato ai soliti noti. A chi, cioè, ha soldi liquidi a disposizione e può sfruttare le difficoltà altrui per acquistare un appartamento con sconti tra il 20 e il 50% (anche perché l'Imu la paga l'usufruttuario che abita nell'immobile).  Aumenta  la fuga all'estero - Morale della favola: secondo i dati dell'agenzia del Territorio nel primo trimestre del 2012 le compravendite immobiliari in Italia sono calate di 19,6 punti percentuali (nella tabella a fianco i dati delle città), mentre i numeri di un altro istituto specializzato, Scenari Immobiliari, evidenziano come, in prospettiva (se continuasse il trend dei primi sei mesi) gli italiani compreranno circa 40mila case all'estero, più 13,7% rispetto allo scorso anno (sarebbe un record). Insomma, gli italiani al mattone proprio non rinunciano e se i guadagni di casa vanno scemando cercando la grande occasione all'estero. I motivi? «C'è una maggiore offerta – evidenzia il rapporto - e i prezzi sono più bassi». «E poi c'è la fiscalità (vedi il raffronto nella tabella), in molti casi più favorevole rispetto a quella del Belpaese e la possibilità di accendere mutui a tassi vantaggiosi». Tanto per intendersi, l'acquisto medio all'estero si aggira intorno ai 110mila euro. Con quella cifra, in Italia, stenti a comprarci un monolocale in una zona periferica di una grande città.  Perché gli italiani lo sanno benissimo, la crisi, prima di arrivare in casa nostra, ha colpito Spagna, Grecia e Irlanda, e quindi cosa c'è di meglio che cercare l'occasione in quei Paesi dove le quotazioni sono crollate ai minimi storici? Le famiglie lombarde e venete, ma aumentano anche i compratori del Sud, si rivolgono verso le residenze a basso costo, in località gradevoli e facilmente accessibili con i low cost.  A caccia dell'affare dove c'è la crisi - E allora calano gli acquisti a Madrid, Barcellona e nelle Baleari (i prezzi sono ancora alti) e aumentano quelli a Marbella e Almeria, in Costa del Sol, o Fuertaventura nelle Canarie. Dalle parti di Atene vanno forte le isole meno conosciute come Thirassìa (facilmente accessibile via mare da Santorini), Amorgos e Citera, mentre in Irlanda gli acquisti restano concentrati a Dublino, dove con meno di 100mila euro è possibile prendere piccoli appartamenti nelle zone più prestigiose, come Grafton Street. E restando sul low cost non si può non menzionare la Croazia. I prezzi sono in crescita ma le prospettive di rivalutazione restano alte. Piacciono Hvar, Brac, Korcula, ma anche Split e Dubrovnik e cresce pure l'interesse per l'Istria, dove, in località come Buzet, Rabac e Labin, con 80mila euro si può acquistare una casetta sul mare in buone condizioni. Poi c'è una fascia medio-alta che rivolge il proprio interesse soprattutto a Londra, dove gli italiani hanno superato i russi quanto a numero di transazioni e sono al primo posto tra gli investitori stranieri. La capitale inglese (gli acquisti si concentrano nelle zone centrali come Mayfair e Chelsea) è considerata un rifugio sicuro anche da coloro che acquistano una seconda casa per allontanare i capitali dall'area euro, grazie ad un mercato immobiliare in crescita e al dinamismo delle locazioni. Poi c'è Berlino che rappresenta oltre il 2% del totale, grazie ad un'offerta di buon livello a prezzi decisamente più bassi rispetto alla media europea. A parità di qualità, si calcola un quinto rispetto a Londra, con ottime prospettive di rivalutazione nei prossimi anni soprattutto nella  zona centrale, Mitte, che ospita gli edifici storici e le case dei vip, come Brad Pitt e Angelina Jolie, o a Charlottenburg, dove è abbondante l'offerta di residenze individuali. Calano invece gli acquisti in Francia. Mentre in Svizzera e soprattutto negli Usa (New York è la meta preferita) le compravendite sono stabili. Anche perché, tra Zurigo e la Grande Mela, negli anni scorsi gli italiani hanno già abbondantemente soddisfatto la loro voglia matta di casa. di Tobia De Stefano  

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