Il fisco sa dove sono gli evasori, ma va a Cortina
Attilio Befera ci ha dato una buona notizia. Siamo diventati un Paese un po' meno malandrino. Lo sceriffo dell'imponibile ha comunicato che l'evasione fiscale in Italia ammonta a 90 miliardi. In un anno siamo passati da 130 miliardi di tasse non pagate - questa la stima del medesimo Befera nel 2012 - a 90: un recupero di onestà del 30%, non è poco. Scherziamoci su, perché la verità è che l'evasione fiscale - che pure c'è e va combattuta - è come l'Araba fenice: che ci sia ognun lo dice quanto sia nessun lo sa. Tant'è che i signori dell'Agenzia delle entrate si sono spremuti le meningi per farci capire che esiste il tax gap (cioè il divario tra quanto lo Stato dovrebbe incassare e quanto percepisce) dandoci un'ulteriore buona novella: la tendenza è alla riduzione. E allora? Se a questi soldi evasi togliamo i proventi della malavita, tutto il sommerso, alla fine si scopre che - come confermano pure gli esosi studi di settore che sono rispettati oltre la soglia del 70% - siamo un popolo di presunti evasori. Ma in realtà paghiamo tantissimo per ricevere pochissimo. Il bello è he lo dicono pure i Befera boys che ne hanno inventata un'altra: hanno disegnato una mappa della presunta evasione battezzando le diverse soglie di rischiosità fiscale con i nomi dei film. Da questa arlecchinata (ad ogni soglia infatti corrisponde un colore) si scopre ciò che si sa già. Il rischio di evasione totale riguarda quatto regioni del Sud: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Poi ci sono le fasce «Niente da dichiarare» concentrate nel centro Sud, «Metropolis» che riguarda la provincia di Roma dove il livello di rischio è 4 dunque bello tosto, gli «Equilibristi», gente da 3 gradi che sta nei distretti del Centro e nel Nord Ovest e poi i virtuosi: gli «Industriali» e gli «Stanno tutti bene» a livello 1 di rischio. Calcoli esatti? Chissà: sembra più roba da sociologi che non da contabili. Una cosa però è certa: Befera fa tanti danni all'economia almeno quanti ne produce chi si sottrae ai doveri tributari. La prova? L'ha fornita il medesimo Attilio. Si è appuntato sul petto la medaglia di benemerito del Fisco per aver recuperato nella famosa retata di Natale di due anni fa a Cortina d'Ampezzo 2 milioni di evasione. Lo Stato sulle nevi dei Vip mostrò allora i muscoli: una cortina di Fiamme Gialle per mettere a ferro e fuoco la Cortina dorata. Ma proprio quel blitz, che ha inaugurato una brevissima stagione di azioni spettacolari, dimostra quanto il nostro Fisco sia cieco e stupido. Per due motivi: il primo che ha incassato pochissimo e distrutto tantissima economia (peraltro l'Agenzia delle Entrate prende torto una volta su tre in Tribunale), ma il secondo è che a Cortina secondo la mappa degli 007 della cartella esattoriale «Stanno tutti bene». Che tradotto vuol dire che hanno una bassissima propensione all'evasione. E allora l'impressione è che Befera abbia voluto fare del cinema con quel blitz natalizio e che siccome spesso i suoi scherani intascano una percentuale sulle tasse in più che riscuotono vanno a botta sicura. Per smentirci mister Attilio ha una formidabile arma: vada a stanare gli evasori totali nelle quattro regioni della black list, cominci a ispezionare gli opifici cinesi abusivi (ve la ricordate la mattanza di Prato?) che fanno concorrenza criminale ai nostri industriali. Poi ne riparliamo per decidere se il blitz di Cortina aveva un senso o no. Befera in quella missione possibilissima tra le boutiques della Perla delle Dolomiti ha recuperato per sua stessa ammissione meno di 250 mila euro di Iva. Tradotto significa che ha intercettato un imponibile di 1,2 milioni di euro. Nulla visto che il fatturato di Cortina è di circa 500 milioni all'anno. Anzi meglio: era. Perché un po' per la crisi e molto per le azioni spettacolari dello sceriffo Attilio a Cortina il turismo è precipitato. Per ammissione del presidente degli albergatori le presenze degli italiani sono crollate del 15%. Siccome valgono all'incirca 150 milioni di euro lo Stato ha perso solo di Iva circa 6 milioni. Non c'è male come bilancio: 224 mila recuperati, 6 milioni persi. Bravo Befera! Gli italiani che se ne sono andati da Cortina sono i ricchi o i benestanti che evitano di scottarsi con le Fiamme Gialle e sono emigrati appena ottanta chilometri più a Nord-Est. A Lienz in Austria (Alta Pusteria) si è registrato in questi due anni un aumento di presenze italiane, lo stesso vale per Davos (rotta Nord-Ovest verso la Svizzera). E le ragioni sono semplici: non ci sono gli artigli di Attilio e soprattutto si paga molto molto meno di tasse. In Austria l'Iva sui servizi turistici è al 10% ma è possibile recuperarla quasi tutta, in Svizzera è al 3,6% e la Francia (altro concorrente temibilissimo) la applica al 5,5%. Come meravigliarsi se il nostro turismo è in coma. Siamo precipitati al sesto posto della graduatoria mondiale, nonostante restiamo il paese più desiderato, e la nostra quota di mercato si riduce inesorabilmente. Ormai il turismo incide sul nostro Pil per appena il 4,4% e perdiamo circa il 5% di presenze all'anno. Le cause? Prezzi troppo alti e scarsa cultura dell'ospitalità. È il paradigma di Befera. La nostra Iva sul turismo è la più alta d'Europa (e ora - per dirne una - il sindaco di Roma Ignazio Marino vuole un ulteriore aumento dell'incomprensibile tassa di soggiorno) e i blitz della Finanza certo non sono un incentivo al sorriso. Perciò, piuttosto che applaudire Befera converrà considerare che i suoi proclami sul blitz di Natale sono una Cortina fumogena per nascondere i conti che non tornano e una non più accettabile tracotanza dello Stato che uccide l'economia per occultare la propria inefficienza. Carlo Cambi