Equitalia, c'è una via di fuga Come cancellare tutti i debiti
I privati cittadini oberati dai debiti possono contare sulla possibilità di accedere a uno strumento introdotto con la legge sul sovraindebitamento, approvata quattro anni or sono, ma che può contare ora di una giurisprudenza favorevole. Dopo il caso dell' impiegata in cassa integrazione alla quale il Tribunale di Varese ha ridotto il debito nei confronti di Equitalia da 86mila a 11mila euro, i Tribunali di Como e Monza si sono recentemente pronunciati applicando proprio la norma sui «piani di ristrutturazione del debito». A Como il giudice ha concluso un accordo con i creditori che ha consentito a una ex imprenditrice con 1,4 milioni di esposizione nei confronti di Equitalia e Agenzia delle entrate, di ottenere un taglio del 74% sul debito. Ridotto a 370mila euro. Il Tribunale di Monza ha invece omologato un «Piano del consumatore» - così si definisce la procedura quando riguarda i privati - riguardante una famiglia con un debito complessivo di oltre 150mila euro, contratto con diverse società finanziarie. In parte si trattava di prestiti ottenuti a fronte della cessione del quinto dello stipendio, cui si aggiungevano altre esposizioni legate all' utilizzo di carte revolving, che prevedono la restituzione delle somme ottenute in prestito come linea di credito attraverso un pagamento rateale. Alla famiglia monzese il debito è stato ridotto da 150mila a 52mila euro, con un taglio del 65%. Per rimborsarlo i debitori utilizzeranno anche la liquidazione accantonata presso datore di lavoro. Il giudice ha approvato il piano di rimborso perché rappresentava il massimo sforzo che i debitori potevano ragionevolmente sostenere per uscire dalla loro situazione di insolvenza. E la migliore soddisfazione per i creditori. In pratica, più di questo non potrebbero sborsare. Come il concordato - Due situazioni molto diverse fra loro che forniscono però una rappresentazione concreta della possibilità a disposizione di privati e piccoli imprenditori fortemente indebitali, di proporre una «ristrutturazione» delle loro esposizioni molto simile a quella offerta per le imprese dal concordato preventivo. I requisiti necessari per far scattare il piano di ristrutturazione e portarlo dinanzi a un giudice sono fondamentalmente due. Innanzitutto il debitore deve poter dimostrare di essere nella incapacità pratica di restituire i soldi avuti in prestito per uno squilibrio prolungato nel tempo fra gli obblighi assunti e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte. Il secondo caso di applicazione è la definitiva incapacità di adempiere con regolarità alle obbligazioni assunte nei confronti dei creditori. «La legge sul sovraindebitamento, non ancora sfruttata pienamente, dà la grande opportunità a consumatori e piccoli imprenditori di proporre un piano di pagamento sulla base delle loro reali possibilità economiche», spiega l' avvocato Pasquale Lacalandra, specializzato in diritto fallimentare e crisi da sovraindebitamento. «Un accordo», chiarisce il legale, «che può risultare vantaggioso anche per il creditore, poiché, senza la ristrutturazione del debito, correrebbe il rischio di perdere totalmente i propri soldi. È importante però valutare attentamente ogni singolo caso, dato che il Tribunale competente dovrà esaminare la fattibilità di ciascun piano proposto». In pratica, un po' come avviene con la procedura di concordato preventivo per le società, non è detto che il tribunale accetti la domanda. Stop ai creditori - Non c' è un automatismo tale per cui il consumatore possa comunque contare che il debito gli verrà definitivamente tagliato una volta presentato il ricorso al Tribunale. «E comunque la protezione dai creditori scatta soltanto nel momento in cui sul tavolo del giudice arriva un vero e proprio piano di pagamento», puntualizza l' avvocato Lacalandra, «l' iter dovrebbe durare al massimo sei mesi anche se non si tratta di un termine perentorio, ma per quel che ho potuto verificare direttamente, di solito bastano giusto un paio di udienze». Il difficile è ricostruire la situazione del singolo debitore che, è bene ricordarlo, non ha una vera e propria contabilità, nemmeno lontanamente comparabile a quella di un' attività imprenditoriale. Soltanto nel momento in cui si possa produrre una situazione completa di attivi e passivi, è possibile presentare il piano di pagamento. Attenti comunque alla casa d' abitazione: formalmente non dovrebbe rientrare nella ristrutturazione del debito. Ma ben difficilmente i creditori accetterebbero un accordo qualora il debitore la escluda dal piano. Un passaggio fondamentale, prima di arrivare al giudice, è quello che prevede la pronuncia dell' organismo di composizione della crisi, solitamente un professionista indicato dal Tribunale ed esperto di fallimenti e concordati. Nel momento in cui questo organismo attesta la veridicità e la fattibilità del piano di pagamento presentato dal debitore il più è fatto. Non si conoscono casi in cui il magistrato abbia respinto la ristrutturazione validata dall' organismo di risoluzione della crisi. «E anche i creditori ne sono consapevoli», conclude Lacalandra, «dunque accettano tagli che come abbiamo visto nei casi più recenti superano abbondantemente il 50% della somma da recuperare». Attilio Barbieri