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Il dispositivo che bloccala pubblicità sui cellulari

Lucia Esposito
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Sul mondo dell' informazione online, non solo in Italia, sta per abbattersi la tempesta perfetta. Un uragano capace di dare il colpo di grazia a alle edizioni web di giornali e magazine. Un business in crescita ma ancora lontano dall' obiettivo lungamente accarezzato per anni dagli editori di tutto il mondo: bilanciare il forte calo registrato dall' inizio della crisi per l' advertising sui giornali di carta. Ma la difficile rimonta rischia di andare in fumo, polverizzata dagli adblock, applicazioni da scaricare gratuitamente sullo smartphone e pure sul pc, capaci di bloccare i banner e «ripulire» i siti internet da ogni forma di pubblicità. La diffusione di queste utility è impressionante. All' inizio del 2015 se n' erano dotati il 27% dei navigatori, quota salita al 38% a fine anno. Ora arriva un annuncio capace di far saltare l' intero banco: il Gruppo 3 «lavora a servizio per bloccare la pubblicità indesiderata su dispositivi mobili», recita una nota diffusa dal carrier di telefonia che fa capo al miliardario cinese Li Ka-Shing. «3 Uk e 3 Italia», prosegue il comunicato, hanno collaborato con successo con Shine Technologies per l' implementazione sulle proprie reti delle tecnologie Shine per il blocco della pubblicità sui dispositivi mobili». Di più: «Questa iniziativa permetterà una rapida distribuzione della tecnologia di ad-blocking anche agli altri operatori del Gruppo 3». E c' è da scommettere che i concorrenti si affrettino ad adottare soluzioni simili. A proposito della diffusione degli adblock c' è chi parla di apocalisse della pubblicità online. Visto che già ora la maggior parte dei lettori dei siti d' informazione sul web vi accede da telefonino in gioco c' è per lo meno il 50% dei ricavi pubblicitari online, oltre un miliardo di euro l' anno. Il movente che spinge i gestori della telefonia mobile a frenare il boom dell' advertising su internet potrebbe anche essere condivisibile, vista l' invadenza di alcune campagne. Meno comprensibile, invece, è la proposta di mangiarsi una fetta del già magro bottino per gli editori: i costi legati alla visualizzazione degli annunci, infatti sarebbero a carico degli inserzionisti. A incassare? Le compagnie telefoniche, naturalmente. ATTILIO BARBIERI

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