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Andremo tutti in pensione prima: alla faccia di Renzi. Ma c'è una fregatura

Lucia Esposito
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La buona notizia è che dobbiamo lavorare meno e che andremo prima in pensione. La cattiva notizia è strettamente legata alla prima: smettiamo prima di lavorare perché la nostra vita si è accorciata. Un'inversione di tendenza che ha certificato l'Istat. Per gli uomini la speranza di vita è calata di due mesi, da 80,3 anni e quella delle donne di tre mesi da 85 anni a 84,7. Il Messaggero ha sentito diversi esperti per chiedere appunto le conseguenze dell'accorciarsi della vita da un punto di vista della previdenza.  Alberto Brambilla, presidente del Centro studi Itinerari previdenziali, già a capo del Nucleo tecnico di valutazione della spesa previdenziale, non ha dubbi. "Se la speranza di vita si riduce», dice al quotidiano romano "anche l' età di pensionamento deve scendere. Se la tendenza del 2015 fosse confermata anche nel 2016 e nel 2017 nel prossimo adeguamento programmato per il 2019 l' età dovrebbe rimanere stabile a 66 anni e 7 mesi o addirittura scendere". Brambilla spiega che la speranza di vita è un parametro utilizzato nei coefficienti di trasformazione. Un meccanismo in base al quale si calcola l'importo della pensione. I conti - Se l' aspettativa di vita scende e i coefficienti non vengono adeguati, il lavoratore riceverebbe in pratica una pensione inferiore al dovuto. Fino all'arrivo del salva-Italia approvato dal governo Monti a fine 2011, gli adeguamenti dei requisiti erano triennali, adesso sono biennali.  Una bella rogna per il governo Renzi che adesso si trova davanti a un dato che nessuno aveva previsto: la vita che si accorcia. Alcuni esperti, sono certi nel dire che a fronte di questa novità anche l'età pensionabile dovrà ridursi. In pratica, nel 2019, con il prossimo adeguamento, l'età di pensionamento dovrebbe rimanere stabile se non addirittura scendere. Ma le norme non sono chiare. 

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