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Cipro, salasso del 20% sui conti correnti sopra i 100mila euro

La Bundeskbank: i banchieri tedeschi hanno iniziato a disimpegnarsi da Nicosia già alla fine del 2010

Giulio Bucchi
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di Claudio Antonelli Entro le 18 di oggi il governo cipriota dovrà aver giocato tutte le carte,  approvato in Parlamento il piano di salvataggio vistato dalla Troika da sottoporre all'Eurozona. L'alternativa è da Apocalisse:  appena scoccata la mezzanotte, la Banca centrale europea chiuderà i rubinetti. Ieri Nicosia ha raggiunto con i creditori internazionali un accordo per salvare le propri banche, al collasso: un prelievo forzoso del 20% sui conti correnti sopra i 100mila euro della Banca di Cipro, il principale istituto dell'isola, mentre il salasso scende al 4% sui conti delle banche più piccole. Assieme alla stangata scatta anche lo stop ai movimenti di capitali verso l'estero. Dunque i soldi dei ricconi russi, sbarcati a Cipro in cerca di pace fiscale, rimarranno bloccati qui. Chi invece si è disimpegnato da tempo sono i tedeschi che a partire dalla fine del 2010 hanno cominciato ad alleggerire la loro esposizione nei confronti delle istituzioni finanziarie cipriote. Fino a ridurle a un quarto. Dai 590 milioni di due anni fa ai 150 di fine 2012, come ha documentato nientemeno che la Bundesbank in uno studio. Dunque la Merkel ha mollato Nicosia ben prima che la situazione precipitasse.  L'accordo di ieri è molto oneroso ma il governo cipriota  non aveva scelta, stretto tra Ue e Russia. Inoltre di carne da spolpare c'era solo quella dei conti correnti. Secondo i numeri diffusi da uno studio di Barclays l'importo totale dei depositi ammonterebbe a 68,363 miliardi di euro. Il 42% dei conti correnti avrebbe più di 500mila euro a disposizione, il 12% tra 100mila e 500mila. Dunque, applicando il prelievo sopra la soglia dei 100mila euro, viene coinvolto ben il 54% dei correntisti. Se contiamo poi che un buon numero è composto da russi, si comprende perché da Mosca abbiano manifestato per la prima volta la propria condanna a un salvataggio dell'Unione europea.  Il blocco  all'esportazione del denaro è una norma che di fatto rompe (secondo alcuni analisti, irreparabilmente) l'essenza della moneta unica: la libera circolazione. È un po' come se Londra ponesse limiti all'importazione e all'uso in Inghilterra della moneta stampata in Scozia, il Pound Scots. Si romperebbe immediatamente il Regno Unito.  «Il modello cipriota – ha sentenziato l'altro giorno Angela Merkel – va cambiato perché costituisce una minaccia per l'eurozona intera». Aggiungendo che è «un modello finito». Forse lo pensa da tempo, per lo meno da quando le banche tedesce hanno cominciato a far defluire i loro capitali dall'isola, due anni fa. Peccato che lo dica soltanto ora. Nonostante questo l'Unione  europea e pure la Germania hanno prima consentito senza problemi che uno Stato come Cipro avesse asset bancari pari a 8 volte il Pil e poi in un giorno hanno deciso di radere al suolo l'unica ricchezza dell'isola. Senza dimenticare che quando a Bruxelles dicono che Nicosia è un caso unico, più o meno, mentono. Malta è sulla stessa lunghezza d'onda, mentre il Lussemburgo, tanto caro alla Merkel, addirittura ha asset bancari pari a 21 volte il  Pil. Di fronte a questo atteggiamento e non avendo alternative,  Nicosia approva questa norma restrittiva della circolazione monetaria, aprendo una crepa – piccola ma forse definitiva  – nella grande diga dell'euro. Senza divieti di esportazione, d'altronde, domani i russi porterebbero via tutti i soldi depositati sull'isola rendendo vano il prelievo forzoso.  Che la  partita sia ancora lunga e dall'esito incerto lo ha ricordato a tutti l'economista Lorenzo Bini Smaghi, ex componente del comitato esecutivo Bce, ora presidente della Snam. «La crisi di Cipro»,  ha detto intervenendo al Forum Confcommercio di Cernobbio, «ha peggiorato la situazione sui mercati internazionali, che finora erano rimasti calmi anche dopo le elezioni italiane. Vedremo domani quando si riapriranno i mercati e se riapriranno le banche a Cipro. Il timore  è che ci sia un contagio, una perdita di fiducia», soprattutto, ha aggiunto l'economista, «se vedremo file di persone in coda per ritirare i propri soldi».

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