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Pensioni, il congelamento costa 4mila euro in dieci anni

Ignazio Stagno
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Il governo non aumenta le tasse e la benzina, ma mette le mani nelle tasche dei pensionati. La proposta arriva dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini: nel 2014 aumenti bloccati per le pensioni sopra i 3.000 euro lordi in virtù del congelamento dell'aggancio al costo della vita. Tradotto: niente aumenti per gli assegni superiori a "sei volte il minimo", che sono 600mila su un totale di 23 milioni di pensioni. Un provvedimento, quello deciso dal governo, che ha messo sul piede di guerra i pensionati. Ecco cosa accadrà al loro assegno.  Il blocco - L'adeguamento, completamente congelato nel biennio 2012- 2013 dal decreto "salva Italia" (riforma Fornero), che ha bloccato le rendite di importo superiore a tre volte l'assegno minimo (1.443 euro mensili), torna in pista nella nuova versione che nega l'indicizzazione alla sola quota di pensione che supera i 2.973 euro. Decisamente meglio di quanto sembrava in un primo momento, e cioè il blocco totale per le rendite di importo superiore a 6 volte il minimo parliamo comunque di cifre al lordo dell'Irpef. Ci sarà una rivalutazione parziale per le pensioni considerate intermedie secondo i seguenti parametri: una rivalutazione del 90% per le pensioni fino a circa 2.500 euro e al 75% per quelle da 2.500 a 3.000 euro. Quanto si perde -  Con il blocco della rivalutazione un pensionato che percepisce circa 3000 euro mensili, tra dieci anni dovrà rinunciare a 4000 mila euro. Infatti considerando un tasso di inflazione costante pari all'1,5 per cento, nel 2014 chi ha una pensione di 3000 euro rinuncerà a 45 euro. Nel 2015 a 106 euro, e nel 2016 a 248 euro. Il conto si fa sempre più salato col passare degli anni. Fino ad arrivare al 2023 quando bisognerà rinunciare a 899 euro. Sommando i mancati adeguamenti e il blocco dell'indicizzazione nel 2023 il conto totale sarà a 4173 euro. 

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