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Carlo Cottarelli, quando parlava di uscita dall'euro: "Vi spiego perché non ne vale la pena"

Gino Coala
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Anche il presidente del Consiglio incaricato Carlo Cottarelli ha teorizzato un piano per portare l'Italia fuori dall'euro. A differenza però del prof. Paolo Savona, naturalmente, l'ex dirigente del Fondo monetario internazionale lo fa per spiegare quanto l'operazione possa costare al Paese. Facile anticipare la risposta: i costi sarebbero enormi. Leggi anche: Cottarelli, premier sfiduciato per tre mesi. Il brutto sospetto su Mattarella: perché lo ha piazzato a palazzo Chigi Nel libro "I sette peccati capitali" (Feltrinelli), come riporta il Tempo, Cottarelli scrive che i problemi che oggi attanagliano gli italiani: "un debito pubblico elevato e una bassa crescita e competitività, potrebbero essere risolti uscendo dall'euro". Adottando la lira, quindi, avremmo una moneta svalutata rispetto all'euro, favorendo gli esportatori, ma rendendo però più cari i prodotti importati. Di contro i salari dovrebbero aumentare per compensare la svalutazione della lira e l'inflazione, ma difficilmente lo faranno in modo adeguato: "l'uscita dall'euro funziona - dice Cottarelli - nel restituire competitività ai prodotti italiani se è accompagnata da un taglio dei salari reali. Su questo dobbiamo essere chiari. Il costo del lavoro per unità di prodotto si ridurrebbe e la competitività aumenterebbe solo se ci fosse un taglio dei salari reali". Le ripercussioni si rifletterebbero anche con chi, per esempio, ha contratto un mutuo per comprare casa. Quel debito in euro dovrà essere ripagato in lire svalutate, quindi sarebbe necessario molto più denaro: "Ci avete perso. Naturalmente si potrebbe fare una legge per convertire il vostro debito che era in euro in nuove lire al cambio uno a uno. Ma questo - spiega Cottarelli - crea problemi per la banca creditrice che, magari, aveva finanziato il vostro credito prendendo a prestito dall'estero". Dai creditori esteri non sarebbe presa benissimo l'idea di essere pagati in lire svalutate, con il rischio di una serie di cause che andrebbero a colpire in soluzione finale famiglie e imprese. La nuova lira potrebbe anche finanziare il debito pubblico, senza aumentare le tasse, ma stampando moneta. Una soluzione che, avverte Cottarelli, "funziona benissimo", ma solo all'inizio. Se l'inflazione arriva al 25% l'anno: "dopo un anno il valore in termini di potere d'acquisto del debito di 100 lire si sarà ridotto del 25 per cento. Lo Stato ci guadagna, qualcuno ci perde, e chi ci perde sono gli italiani che (direttamente o tramite le banche o gli istituti di assicurazion) avevano prestato soldi allo stato, acquistando obbligazioni. Quindi l'uscita dall'euro potrebbe effettivamente risolvere anche il problema del deficit e del debito pubblico - aggiunge Cottarelli - ma solo attraverso un'ondata inflazionistica che imporrebbe ai detentori di titoli di stato una 'tassa da inflazione'". Peggiore la soluzione della moneta parallela, visto che "chi esporta in Italia non accetterebbe certo di essere pagato con le nuove lire, ma richiederebbe euro o dollari. Una moneta parallela sarebbe equivalente all'uscita dall'euro (...). In conclusione, abbandonare l'euro potrebbe forse consentire di risolvere i problemi di crescita, competitività e debito pubblico, ammesso che si riesca a ristabilire condizioni macroeconomiche ordinate dopo l'uscita dall'euro, ma questo avverrebbe al prezzo di un taglio dei salari reali, di una tassa da inflazione e solo dopo un periodo che sarebbe molto turbolento anche per via degli effetti di bilancio che accompagnano una svalutazione e dello sconvolgimento del sistema dei pagamenti. Non ne vale la pena".

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