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Pensioni, gli ex dipendenti statali prendono in media mille euro al mese in più dei privati

Matteo Legnani
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Gli ex dipendenti pubblici ora in pensione godono di un trattamento decisamente migliore rispetto ai pensionati del settore privato. Le differenze sono considerevoli per tutti i tipi di rendite previdenziali. Se in media l' assegno mensile percepito dall' ex statale è di 2.469,70 euro per i maschi e 1.789,60 euro per le femmine, gli omologhi provenienti da attività del settore privato prendono molto meno: 1.584,80 euro gli uomini e 948,62 euro le donne. Questo in media. Perché se si va a vedere le singole tipologie di rendite le differenze, in taluni casi, sono ancora più marcate. È il caso ad esempio delle pensioni di vecchiaia. Quelle dei dipendenti pubblici in quiescenza, liquidate nel 2017, valgono mensilmente 3.455,94 euro per i maschi e 1.748,12 euro per le femmine. Cifre che si confrontano con i 1.169,96 euro degli ex dipendenti privati e con gli 859,79 euro delle loro colleghe donne. Leggi anche: Pensioni, Giuseppe Conte e l'attentato a Matteo Salvini: platea, finestre e penalizzazioni, lo scenario I numeri sono contenuti nell' ultima edizione del Rendiconto sociale Inps, pubblicato ieri a cura del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell' istituto previdenziale e documentano in tutta la sua crudezza una disparità di trattamento molto netta. Che non trova riscontro nel montante contributivo versato dalle due categorie di assicurati, pubblici e privati. Anzi, è vero il contrario: a partire dal primo gennaio 2012, con il varo del super Inps, il governo Monti scaricò sull' Istituto previdenziale dei lavoratori privati il buco dell' Inpdap, l' Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell' amministrazione pubblica. Ben 10,2 miliardi di euro di disavanzo patrimoniale e quasi 5,8 miliardi di passivo per il solo esercizio 2012. Ministeri e amministrazioni pubbliche varie, infatti, non versavano da anni i contributi per i loro dipendenti. Questo non ha impedito a un ente di fatto in dissesto finanziario, di mantenere le prestazioni più elevate a beneficio dei propri assicurati. Anzianità  e anticipate - Se le differenze nelle pensioni di vecchiaia fra le due categorie superano anche il migliaio di euro al mese, pure quelle di anzianità non scherzano. Il dipendente privato maschio andato in quiescenza nel 2017 percepisce un assegno mensile di 2.449,45 euro. L' omologo pubblico di euro ne prende ben 3.091,42. E per le donne la differenza è ancora più netta. Le pensionate del settore pubblico percepiscono dal 2017 un assegno mensile di 2.281,35 euro, mentre quelle che hanno lavorato nel privato si fermano 1.757,92 euro. Se si guarda poi al totale delle pensioni vigenti al 31 dicembre 2017 si capisce quanto pesino le rendite scoperte imputabili a ministeri e amministrazioni pubbliche. Su 2.867.732 pensionati ex Inpdap ben 1.627.866, dunque oltre la metà, sono andati in quiescenza con la pensione di anzianità o anticipata. Appena 385.5452 sono pensionati di vecchiaia. Fra gli ex dipendenti del settore privato, invece, la proporzione si inverte. Oltre 3 milioni si sono ritirati con il massimo dell' età pensionabile, mentre 2 milioni e 729mila hanno maturato la rendita di anzianità. Agli ex lavoratori autonomi, in prevalenza commercianti e artigiani, va ancora peggio. Gli uomini prendono poco più di 1.000 euro al mese, le donne 677. Mentre i pensionati della gestione separata, quasi tutti ex collaboratori, incassano una miseria: 266 euro mensili i maschi e 138,58 le femmine. Invalidità diversa - Vale la pena di notare che perfino gli assegni erogati per l' invalidità hanno due pesi molto diversi. Fra i beneficiari di sesso maschile, i pubblici incassano una indennità mensile di 2.060,72 euro. Quelli privati 879,52 euro. Fra le donne la differenza è addirittura di tre volte, visto che le invalide del settore pubblico prendono 1.729,19 euro mensili, mentre le invalide che hanno lavorato in aziende private non arrivano neppure a 600 euro. Nell' analisi curata dal Consiglio d' indirizzo guidato dall' ex sindacalista Guglielmo Loy, si sottolinea fra l' altro che l' aumento dell' età pensionabile scattato con la riforma Fornero ha penalizzato in particolare le donne. All' interno dell' universo femminile, però, le ex lavoratrici del settore privato sono state le più penalizzate, con un incremento di tre anni e tre mesi per maturare la pensione di vecchiaia. Certo, l' aumento ha riguardato tutti e tutte, ma vale la pena di ricordare che le dipendenti private i contributi li hanno versati per intero durante la vita lavorativa, mentre i datori di lavoro delle loro colleghe del settore pubblico lo hanno fatto in misura sicuramente minore. Un dettaglio non certo trascurabile. E anche se nessuno ne fa una colpa a lavoratrici e lavoratori delle pubbliche amministrazioni - la scelta di non versare i contributi fu politica e non dipese certamente da loro - sotto il profilo strettamente aritmetico l' aumento della loro età pensionabile ha un peso molto diverso rispetto a quello degli ex dipendenti delle imprese private. Fra l' altro, sempre tra il 2012 e il 2017, il totale delle pensioni previdenziali erogate è passato da 17,2 a 16,6 millioni, con una riduzione del 3,9% che vale 664.185 trattamenti in meno. «Concentrata», segnala sempre il documento pubblicato ieri, «sugli ex lavoratori dipendenti privati ed autonomi, che diminuiscono rispettivamente di 601.391 e 165.420 pensioni, mentre sono aumentate quelle degli ex lavoratori dipendenti pubblici di 54.671 unità». In barba alla Fornero, nel medesimo periodo di tempo le rendite di vecchiaia sono 646mila in meno, mentre quelle di anzianità 434mila in più. di Attilio Barbieri

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