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Fmi boccia reddito cittadinanza Di Maio: "Lo smentiremo"

AdnKronos
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Roma, 6 feb. - (AdnKronos) - Dura critica del Fondo Monetario Internazionale alle misure del governo italiano. L'Fmi invita l'esecutivo a "valutare la transizione dal Rei al reddito di cittadinanza" tenuto conto che "vista la forte evasione fiscale e le dimensioni dell'economia sommersa, sarà necessaria una grande attenzione per garantire" la corretta destinazione degli incentivi. Nel documento si ricorda come al Reddito sia destinata una quota pari allo 0,5% del Pil, ma si segnala anche i pericoli, legati a un elevato livello di partecipazione, ma anche al fatto che alcuni beneficiari potrebbero cercare di combinare i benefici con il lavoro in nero. Senza contare che un forte impatto sul reddito "con benefici generosi, potrebbe anche spingere i lavoratori a basso reddito a smettere di cercare un'occupazione" con una ricaduta "nella trappola della povertà". Con una dotazione di 2 miliardi l'anno (lo 0,1% del Pil italiano), scrive il Fondo, "i finanziamenti al Reddito di inclusione erano inadeguati". Al contrario "i 780 euro del reddito di cittadinanza sono generosi" visto che un livello mensile di benefici "che risponda alle esigenze minime senza causare dipendenza da welfare" si attesterebbe fra i 325 e 568 euro. DI MAIO ATTACCA - Durissima la replica del vicepremier Luigi Di Maio, affidata all'Adnkronos, che sulle critiche del Fmi risponde: "Hanno affamato i popoli per decenni, ora ripristiniamo un po' di giustizia sociale. Non hanno la credibilità per criticare il reddito di cittadinanza". "Abbiamo già smentito tante voci in soli 7 mesi e nel corso del 2019 smentiremo anche l'Fmi - scrive poi il vicepremier in un post su Facebook -. Chi ha affamato popoli per decenni, appoggiando politiche di austerità che non hanno ridotto il debito, ma hanno solo accentuato divari, non ha la credibilità per criticare una misura come il Reddito di cittadinanza, un progetto economico espansivo di equità sociale e un incentivo al lavoro". Di Maio: "Reddito? Fmi non ha credibilità per criticarlo" QUOTA 100 - Le modifiche al sistema previdenziale, come l'introduzione di Quota 100, sottolinea l'Fmi, "aumenteranno ulteriormente la spesa pensionistica, imporranno un onere ancora maggiore sulle generazioni più giovani, lasceranno meno spazio alle politiche di crescita pro-crescita e porteranno a tassi di occupazione più bassi tra i lavoratori più anziani". "Sulla base delle esperienze in altri Paesi", aggiunge il Fondo, "è improbabile che l'ondata prevista di pensionamenti possa creare altrettanti posti di lavoro per i giovani". "Anche a politiche invariate - continua l'Fmi - l'Italia dovrà far fronte a pressioni pensionistiche significative nei prossimi 2-3 anni, che metterà a dura prova i conti pubblici". Di qui "l'urgenza di razionalizzare gli eccessi all'interno del sistema" previdenziale, "ad esempio, collegando strettamente le prestazioni ai loro contributi, mantenendo l'indicizzazione dell'età pensionabile all'aspettativa di vita e adeguando i parametri pensionistici" alle disponibilità. L'Europa taglia previsioni crescita PERICOLO RECESSIONE - La crescita dell'Italia, scrive l'FMI, "dovrebbe rallentare ulteriormente e il rischio di recessione è aumentato" con "significativi rischi al ribasso", elencando le minacce che gravano sulle prospettive economiche, dal rallentamento dell'Eurozona alle tensioni sul commercio, dalla fine dello stimolo della Bce all'aumento dello spread. Per il Fondo, le misure decise con la Legge di Bilancio 2019 potrebbero "temporaneamente stimolare la crescita" purché gli interventi vengano "indirizzati su attività ad alto potenziale, come l'erogazione di prestazioni sociali alle famiglie con problemi di liquidità e la rapida esecuzione di progetti di investimento pubblico di qualità". "Tuttavia - ammonisce l'Fmi - il forte aumento degli spread sovrani potrebbe limitare gli eventuali benefici" a breve termine e "se dovesse persistere, rischierebbe di indebolire ulteriormente la crescita a medio termine". La possibilità di "materializzazione dei rischi", scrive l'Fmi, "dipende in gran parte dalle scelte politiche" del governo italiano. Ma è importante "anche la percezione delle possibili azioni da parte dei suoi partner europei e della BCE sulle esigenze di finanziamento delle banche, sebbene queste non riguardino il fabbisogno" di finanziare il debito pubblico. CONTI PUBBLICI - Il Fondo Monetario Internazionale conferma, poi, la stima di crescita dello 0,6% per il Pil dell'Italia nel 2019. Nel rapporto annuale sul nostro Paese si ripropone la previsione già fatta due settimane fa in occasione della revisione del World Economic Outlook, evidenziando come nel 2018 la crescita dell'Italia ha rallentato dopo il +1,7% dell'anno precedente, "il tasso più elevato da quasi un decennio". Per i conti pubblici l'Fmi prevede un deficit quest'anno al 2,1%, in salita al 2,9% nel 2020 e al 3,0% l'anno successivo: un andamento legato anche al continuo calo del surplus primario, che dall'1,6% del 2018 dovrebbe toccare quest'anno l'1,4% per poi dimezzarsi allo 0,7% nel biennio 2020-21. MANCANO RIFORME STRUTTURALI - Il Fondo Monetario Internazionale "accoglie con favore l'attenzione delle autorità nel sostenere la crescita e migliorare lo scenario sociale, oltre alla recente rimodulazione del bilancio 2019" e alla volontà "di porre l'elevato debito pubblico su un percorso di riduzione". Tuttavia, si legge nel rapporto annuale dell'Fmi sul nostro Paese "la strategia delle autorità non include le riforme necessarie per affrontare gli ostacoli strutturali di lunga data alla crescita e, di conseguenza, i rischi che rendono vulnerabile l'economia" italiana. Di qui l'invito a "dare la priorità all'attuazione di un pacchetto globale di riforme strutturali, a un consolidamento fiscale solidale e inclusivo e a rafforzare ulteriormente i bilanci bancari". BANCHE - Da aprile scorso il sistema finanziario italiano "ha acquistato titoli governativi per 45 miliardi di euro, rafforzando il legame fra banche e debito sovrano". "L'aumento dello spread ha influito negativamente sui coefficienti di solvibilità delle banche e delle compagnie di assicurazione". L'Fmi segnala, inoltre, come "i costi di finanziamento delle banche sono aumentati notevolmente e l'accesso ai mercati obbligazionari è stato limitato". E se questa situazione dovesse continuare, spiegano i tecnici di Washington, "le banche sarebbero probabilmente costrette a ridurre la leva finanziaria". Il Fondo riconosce che "la posizione di liquidità complessiva delle banche sembra adeguata al momento" grazie ai circa 240 miliardi di euro di liquidità erogata dalla Bce con le TLTRO che scadranno nel 2020-21. Per l'Fmi, comunque, "il trasferimento ai tassi di prestito del settore privato è stato relativamente contenuto finora" con un "credito al settore privato che ha continuato a crescere modestamente, anche nel 2018 e - per quanto riguarda le imprese - solo per le più solide, mentre si è ridotto per le più deboli. POSSIBILE CONTAGIO GLOBALE - Se le pressioni sull'Italia dovessero accentuarsi potrebbero esserci "ricadute globali e significative" attraverso "una maggiore avversione al rischio a livello mondiale e il riprezzamento delle attività più a rischio". Anche se, riconosce nel rapporto annuale, finora il contagio "è stato contenuto". Ma un'accentuazione dei problemi dell'Italia "potrebbe spingere i mercati globali in un territorio inesplorato". Un evento scatenante, si sottolinea, potrebbe essere un eventuale "downgrade senza precedenti a livello 'spazzatura' " dei titoli di un emittente sovrano molto grande, come appunto il nostro paese. Il Fondo segnala come, dal momento che il debito italiano è detenuto da molte istituzioni a livello globale "potrebbe verificarsi un'inversione ampia dei flussi di portafoglio, anche sui mercati emergenti e l'impatto potrebbe essere ampio all'interno dell'area dell'euro". infatti, si ricorda, "le banche francesi, spagnole, portoghesi e belghe hanno esposizioni considerevoli in Italia mentre le filiali di banche italiane sono di importanza sistemica in alcuni paesi dell'Europa centrale e orientale come la Croazia e la Serbia".

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