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Ettore Prandini, l'appello del presidente di Coldiretti: "Via il segreto di Stato sugli alimenti importati"

Davide Locano
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Il villaggio contadino della Coldiretti che da oggi e per tre giorni sarà protagonista a Milano riassume perfettamente il senso di una sfida: portare la campagna in città. Ma non una campagna qualsiasi, bensì quella unica, inconfondibile e diversa da tutte le altre che produce le grandi eccellenze del made in Italy a tavola. «È la nostra campagna», spiega a Libero il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, «che vogliamo far toccare con mano ai cittadini consumatori, quella da cui arriva la qualità e il grande gusto del cibo italiano. Il vero cibo italiano». Una bella sfida quella di raccontare un intero settore produttivo... «Sì, soprattutto se la giochi su 200mila metri quadrati. Ma non poteva essere diversamente perché non ci sarebbe stato tutto quel che vogliamo mostrare». Vale a dire? «Abbiamo allestito una vera e propria arca di Noè con tutti gli animali salvati dall' estinzione grazie al lavoro svolto dagli agricoltori italiani, cui si deve anche la conservazione e la valorizzazione della biodiversità che rende il nostro Paese unico a livello mondiale. E pure questa vogliamo rappresentare. Il nostro obiettivo è di raccontare il vero made in Italy, quello che sui mercati di consumo si confonde purtroppo con gli alimenti che vengono soltanto confezionati da noi a partire da materie prime importate. Cibi spesso indistinguibili grazie al segreto di Stato». Quale segreto? «Quello che per decenni ha impedito a noi come ai consumatori di conoscere la destinazione ad esempio del latte che le multinazionali acquistano all' estero e trasformano qui utilizzando i marchi storici del nostro settore caseario». Ma il Consiglio di Stato non aveva dato ragione a Coldiretti, comunicando al Ministero della Salute, competente sulla materia, di rendere pubbliche le informazioni su chi e dove trasforma latte? «Sì, dopo una battaglia durata anni, il Consiglio di Stato ci ha dato ragione. Ma non è successo nulla di quel che ci aspettavamo». Possibile? «Purtroppo sì. Silvio Borrello, uno dei direttori generali del Ministero, ha deciso di spedire la sentenza a tutte le industrie agroalimentari che operano nel nostro Paese, allegando però la lettera con la quale la Coldiretti chiedeva di poter accedere ai dati. Si trattava di un carteggio riservato fra noi e il Ministero della Salute. Ma l' incidente si poteva superare perché nel corso di un successivo incontro che ho avuto con il ministro Giulia Grillo, presenti i funzionari dell' ufficio legislativo e lo stesso Borrello, arrivò un chiarimento. La stessa titolare del dicastero convenne con noi che si poteva considerare una anomalia l' invio della sentenza assieme alle nostre comunicazioni con l' ex ministro Lorenzin». Tutto risolto, dunque? «Assolutamente no. Il giorno dopo l' incontro al ministero lo stesso Borrello fece ricorso all' Antitrust». All'Antitrust? E per chiedere cosa? «Per segnalare all' Authority che Coldiretti potrebbe avere degli interessi nell' acquisire questi dati, con la possibile perdita di posti di lavoro nei confronti di quelle industrie che utilizzano materie prime o prodotti agricoli provenienti da altri Paesi, con la richiesta all' Antitrust di verificare se Coldiretti possa avere un interesse ad acquisire le informazioni secretate sulla trasformazione del latte». L'interesse di conoscere la verità... «Sì, a noi interessa la verità. Purtroppo però l' Antitrust, nella risposta al Ministero, sostiene che la Coldiretti non è solo un' organizzazione di rappresentanza perché fra i suoi associati vi sono imprenditori che fanno parte ad esempio di latterie cooperative che potrebbero avere un beneficio nella fase di trasformazione». Un beneficio? Quale? «Francamente fatico a capirlo. Figuriamoci quale beneficio potrebbe avere un allevatore che conferisce il latte a una cooperativa, sapendo quanto latte estero utilizza una multinazionale che vende i formaggi ottenuti da quel latte con marchi italiani. La nostra richiesta di trasparenza aveva tutt' altri obiettivi». Raccontiamoli... «Informare i consumatori e dar loro modo di scegliere consapevolmente i prodotti italiani. La missione di Coldiretti è di valorizzare l' agroalimentare made in Italy. L' ultima cosa che vogliamo è imitare i comportamenti che da sempre condanniamo». E ora? «Non ci fermiamo di sicuro. Torneremo in tribunale finché non ci daranno ragione e non smetteremo di sensibilizzare le persone sulle campagne per la verità a tavola. Rafforzando ulteriormente il legame con i consumatori. La nostra battaglia è quella di evitare che vi siano speculazioni su marchi italiani che di italiano hanno ben poco». Come spiega tutta questa sollecitudine da parte dei funzionari ministeriali che manca invece quando si tratta di lavorare per la trasparenza? «Non saprei... È paradossale che anziché difendere il sistema produttivo italiano ci sia ancora qualcuno che difende le multinazionali che in Italia fanno solo la fase di confezionamento utilizzando i nostri marchi, pur avendo la sede operativa negli altri Paesi e pagando le tasse altrove». Come si vince la battaglia dell' origine trasparente sui cibi che mangiamo? «La vinceremo se saremo in grado di difendere in Europa i decreti italiani che hanno reso trasparente la provenienza delle materie prime come il latte per i formaggi e il grano duro per la pasta, dopo l' obbligo sull' ortofrutta e sulla carne». di Pietro Senaldi

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