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Giulio Tremonti e il golpe finanziario, verità 8 anni dopo. La lettera, euro ricatto: "Vi facciamo fallire"

Giulio Bucchi
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A 8 anni di distanza, Giulio Tremonti torna sulla "lettera della Bce" inviata il 5 agosto 2011 al governo italiano snodo cruciale del "golpe finanziario" che portò in autunno alla caduta di Silvio Berlusconi. Con una lettera a Italia Oggi, l'ex ministro dell'Economia puntualizza la questione delle clausole di salvaguardia e dell'aumento dell'Iva che sarebbe stato introdotto proprio da quell'esecutivo. Leggi anche: "Italia fuori dall'euro, un bene". Borghi sgancia la bomba sulla crisi di governo "Quella clausola così introdotta era totalmente priva di valore giuridico non producendo effetti vincolanti e specifici (come è invece stato dopo per le altre e vere clausole) esaurendosi nella forma di un impegno politico-programmatico  - spiega il professore -. Impegno che tra l'altro era a sua volta subordinato all'ipotesi del non verificarsi degli effetti della manovra impostata dal Governo italiano". A svilupparla "scientificamente", con valore giuridico-vincolante, furono invece il governo di Mario Monti e quelli successivi. Ma il focus di Tremonti è sulla lettera speditagli da Francoforte, che l'ex ministro definisce un "ricatto": "Se non fate quello che vi consigliamo non compriamo titoli del debito pubblico italiano causandone il default". Da qui, conclude Tremonti, la necessità di varare il "decreto di Ferragosto" e quella clausola introdotta "solo a seguito della successiva e strumentale insistenza europea". 

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