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Euro, la ricerca: la moneta unica ha tolto in media 74mila euro a ogni cittadino italiano

Davide Locano
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L'euro ha ucciso il Sud. E la moltitudine di premier che sono passati da Palazzo Chigi negli ultimi 20 anni, purtroppo, non hanno capito - o hanno finto di non comprendere - che la ricetta applicata finora al Mezzogiorno, basata sull' assistenzialismo, ha prodotto la desertificazione economica e demografica di un terzo dell' Italia. La moneta unica, si sa, è un surrogato del marco. Per cui è per definizione forte. Varie analisi hanno dimostrato che il cambio ideale per l' Italia nei confronti del dollaro dovrebbe essere intorno a 1,10-1,15 biglietti verdi. E infatti da quando l' euro è sceso dai record, da quando Mario Draghi ha iniziato a stampare moneta - 2015 - la divisa continentale è scesa a un livello accettabile e il nostro Paese è uscito dalla recessione. Purtroppo però il danno era fatto. Le ricette della Bce e della Ue, decise poco dopo lo scoppio della crisi americana del 2008, furono deleterie per l' Italia mentre fecero un gran bene ad altri Stati, Germania in primis. Leggi anche: "L'euro non è una moneta, ecco a cosa serve davvero": l'affondo di Diego Fusaro Un recente studio del Centre for European Politics, un pensatoio teutonico, ha dato delle cifre spaventose. Con la moneta unica Berlino ha guadagnato 1.900 miliardi di euro in più di ricchezza rispetto allo scenario in cui si fosse tenuta il marco, qualcosa come 23.000 euro in più per ciascun tedesco, più dei 21.000 euro pro-capite di cui ha beneficiato l' Olanda tra il 1999 e il 2017. Noi? Il nostro è stato il Paese più danneggiato dall' euro, in quanto con la lira avremmo prodotto qualcosa come 4.300 miliardi di maggiore ricchezza, 74.000 euro in più per ogni italiano. In pratica l' Italia ha perso quasi 220 miliardi di euro all' anno, oltre 10 punti di Pil. Chiaro che, in base a queste simulazioni effettuate da economisti non certo sovranisti o leghisti, è un miracolo se lo Stivale è ancora vivo. Merito dei milioni di piccolissimi, piccoli, medi e grandi imprenditori, i quali insieme ai propri lavoratori, hanno sfidato l' impossibile. Ahinoi i politici non hanno compreso lo sforzo. Anzi, governo su governo, sono aumentate le tasse e i vincoli europei. Risultato: negli ultimi 20 anni il Pil è cresciuto mediamente di appena lo 0,2% ogni anno. Assieme alla Grecia siamo l' unico Paese dell' area dell' euro a non aver ancora recuperato la situazione ante-crisi (2007). Rispetto a 12 anni fa, infatti, dobbiamo "riconquistare" ancora 4,2 punti percentuali di Pil, ma anche 19,2 di investimenti, 5,9 di reddito disponibile delle famiglie e 1,4 percentuali di consumi. UN PESO MORTO Queste difficoltà - sottolinea la Cgia di Mestre nel suo tradizione report del week-end - purtroppo, continuano a perdurare, nonostante la platea degli addetti sia aumentata: sempre in questa ultima dozzina di anni, infatti, gli occupati sono cresciuti dell' 1,6% (superati i 23 milioni di lavoratori). E nonostante questo aspetto positivo, il monte orario e il livello medio delle retribuzioni sono diminuite, a causa di un deciso incremento della precarietà, mentre la disoccupazione è aumentata dell' 81% (il tasso medio annuo era al 6 e ora si aggira attorno al 10 per cento). Con meno soldi a disposizione, dobbiamo ancora recuperare 5,9 punti di reddito disponibile delle famiglie e 1,4 punti di consumi. L'Italia però non è uniforme. «L 'andamento medio della ricchezza prodotta nel nostro Paese - spiega la Cgia - risente delle forti differenze esistenti tra Nord e Sud. Negli ultimi 20 anni, ad esempio, il settentrione è cresciuto del 7,5%, il Mezzogiorno, invece, è crollato di 6 punti percentuali. Sempre in questo arco temporale, la crescita media annua registrata nel settentrione è stata dello 0,4%, pari al doppio del risultato medio nazionale. Nel meridione, invece, il Pil medio annuo ha subito una contrazione dello 0,3%». L'euro ha ucciso il Sud, e il "morto" ha tirato giù il Nord. Continuare a finanziare il Mezzogiorno, come vogliono fare grillini e il Pd, ammazzerà l'Italia intera. di Giuliano Zulin

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