Mantovani (Cida): "Futuro da scrivere unendo le forze"
Roma, 4 dic. (Adnkronos/Labitalia) - “Il futuro del lavoro non è una linea tracciata, è in larga parte tutto da scrivere e noi abbiamo il compito di provare a farlo: unendo le forze”. A dirlo il presidente della Cida, Mario Mantovani, in occasione dell'Assemblea della Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità. “Partiamo dalle organizzazioni, dalla loro evoluzione recente - sostiene - e dall'accelerazione in corso. Il nuovo lavoro non è liquido, è anzi strutturato in modo crescente, sempre più integrato con intelligenze artificiali di vario livello. La distinzione tra lavoro manuale e intellettuale ha perso di significato, e proprio molti lavori intellettuali umani stanno per essere sostituiti da intelligenze artificiali”. “In ogni caso - avverte - il futuro vedrà forme sempre più sofisticate di collaborazione tra uomini, software e robot. Dobbiamo porci una domanda fondamentale, siamo a un bivio: da un lato, possiamo rafforzare l'idea che il lavoro incarni l'essenza del contratto sociale; dall'altro, adottare un modello centrato solo sullo scambio tra lavoro e denaro, basato sulla somma di micro-transazioni. Le norme esistenti si concentrano ancora su distinzioni obsolete, come quella tra lavoro dipendente e autonomo, è giunto il momento di metterle in discussione, senza pregiudizi”. “Le future evoluzioni - avverte - potrebbero introdurre modelli diversi rispetto a quelli elaborati nel ‘900, ma il ruolo del welfare, particolarmente sviluppato in Europa, è fondamentale per gestire questa difficile transizione, complicata anche dalla variabile demografica. Nel nostro paese il welfare assorbe risorse molto ingenti, potenzialmente crescenti, quasi interamente destinate a previdenza e sanità. Ma oggi esistono anche altre emergenze, come quella educativa, come quella delle povertà, e non è facile immaginare dove reperire nuove risorse”. “Terminato il periodo della grande crescita materiale - sottolinea il presidente Mantovani - anche nel nostro paese si scaricano sulla società prospettive di ampia divergenza economica, più che disuguaglianza, tra territori, categorie e generazioni. Il welfare deve essere strumento di coesione e di convergenza, ma nel tempo si è incrinato il patto tra chi dà e chi riceve”. “Il management italiano - fa notare - sta acquisendo una consapevolezza crescente della situazione ed è nella nostra natura accettare le responsabilità. Non passivamente, mettendoci alla ricerca di soluzioni. Non contro qualcuno, meno che mai contro i politici, ma chiedendo di essere ascoltati. Non ci attendiamo la soluzione dei problemi, ma di fare la nostra parte per trovarla e realizzarla. Cerchiamo di farlo lavorando insieme, uniti tra manager dei diversi settori privati e pubblici, valorizzando le nostre differenze. Realizziamo nuovi strumenti, come l'Osservatorio sulle trasformazioni del lavoro, insieme a Fondazione Adapt. Cerchiamo di essere presenti e attivi nei luoghi in cui si discute del lavoro e se ne sviluppano le prospettive: al Cnel, in Ilo, nelle istituzioni in generale”. “Nei prossimi mesi - assicura - porteremo i dati dell'Osservatorio nei diversi territori, dove discuteremo le nostre idee e ascolteremo le testimonianze dei colleghi impegnati direttamente nella trasformazione delle aziende che guidano. Cercheremo di condividere questo viaggio con le istituzioni, e specialmente con chi al loro interno è consapevole di quanto il vero viaggio sia lungo e difficile. E non si lasci troppo condizionare dalla necessità di raccogliere consenso nel breve termine”.