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Niente più assegno sociale

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per le casalinghe e i preti

Albina Perri
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Dopo i precari, le casalinghe e i preti. Opposizione e sindacati attaccano un'altra misura del decreto legge sulla manovra finanziaria. Secondo i nuovi criteri introdotti, l'assegno sociale verrà garantito se verrà dimostrata la residenza continuativa in Italia per almeno 10 anni e un'attività lavorativa svolta per lo stesso periodo. La legge attualmente in vigore invece prevede che possano richiedere l'assegno sociale i cittadini italiani e quelli dell'Unione europea e gli extracomunitari con permesso di soggiorno oltre i 65 anni a prescindere dal versamento dei contributi. Nel mirino della nuova misura finiscono così le casalinghe, ma non solo. Per il deputato del Pd Luigi Bobba “gli emendamenti all'articolo 20 del decreto legge sulla manovra economica, votati dalla maggioranza, azzerano nella pratica la platea di quanti, casalinghe, lavoratori in nero, disoccupati, religiosi missionari, emigrati che rientrano in Italia, avendo superato i 65 anni d'età e non percependo alcun reddito, avevano fino ad oggi beneficiato di un minimo sostegno assistenziale”. La Cisl invece ritiene che “l'introduzione di tale requisito di fatto determinerebbe la conseguenza paradossale che proprio le fasce più deboli della popolazione potrebbero non beneficiare di questa provvidenza. Ma soprattutto si va a snaturare la prestazione, che si trasformerebbe da assistenziale in previdenziale, modificando l'obiettivo stesso dell'assegno”. Alzano la voce anche le Acli che definisce “maldestra ed ingiusta” la modifica: “Dal 1° gennaio 2009, salvo interventi correttivi del Senato, casalinghe, frati, suore e molti altri cittadini italiani non riceveranno più l'assegno sociale che fino ad oggi gli veniva riconosciuto dall'Inps come assistenza in caso di redditi particolarmente bassi”.

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