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Redditometro, un colpo mortale per un milione di italiani: ecco chi rischia di essere condannato a chiudere

Benedetta Vitetta
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C'è chi l'ha battezzato un incubo che ritorna, chi un morto vivente, per altri invece è soltanto uno strumento di Stato "guardone" e, infine, c'è chi arriva a definirlo un vero e proprio colpo mortale per partite Iva e autonomi. Il protagonista, manco a dirlo, è il redditometro che da giovedì scorso - dopo l'accantonamento deciso nel 2018 - il governo Draghi ha deciso di riportare in auge per tentare di "beccare" i tanti furbetti che eludono le tasse. Per ora il ministero dell'Economia e delle Finanze ha avviato una consultazione sul decreto (scadrà il 15 luglio) che dovrebbe indicare i nuovi criteri che fissano la capacità fiscale dei cittadini. Termine che per il momento ha fatto restare i partiti di maggioranza alla finestra (pochi gli esponenti che si sono sbottonati sulla proposta) cercando di capire ciò che accadrà e, nel caso, pronti ad intervenire).

 

 

A protestare in maniera accesa sono i partiti d'opposizione e i lavoratori direttamente coinvolti. «In un momento storico in cui abbiamo un milione di disoccupati in più rispetto al 2019, con le proiezioni per il prossimo biennio vedono drammaticamente salire questi numeri fino a 3 milioni di posti di lavoro in meno e un milione di partite Iva che chiuderanno i battenti, pensare di introdurre un nuovo redditometro significa voler dare un colpo di grazia ai lavoratori autonomi che sono quelli che stanno pagando il prezzo più alto della pandemia». Così Eugenio Filograna, presidente del movimento Autonomi e Partite Iva.

Il tutto, per Filograna, parte da un pregiudizio in base al quale la vera causa del mancato gettito tributario è l'evasione fiscale e non una tassazione inadeguata accompagnata da una burocrazia persecutoria verso il cittadino e soprattutto autonomie partite Iva: insomma «avviare l'ennesima caccia alle streghe con redditometri e calcoli presuntivi di reddito e patrimonio, pensando di recuperare denaro» spiega Filograna, «genererebbe solo malcontento, rabbia e scontri sociali». A spalleggiare i lavoratori in prima fila c'è Fratelli d'Italia per cui è stata proprio la leader Meloni a sferrare l'attacco più ficcante: «Si tratta di un enorme passo indietro che ci fa ripiombare negli anni della peggiore persecuzione fiscale messa in piedi dai governi dei tecnici e della sinistra: contro il redditometro ci batteremo in Parlamento» ha spiegato.

 

 

 

E il tributarista Raffaello Lupi lo considera un morto vivente: «Si torna a parlare di redditometrro perché l'Agenzia delle entrate doveva fare un aggiornamento degli indici ogni due anni, quindi ha fatto una consultazione pubblica su come farlo, ma in realtà non l'ha mai usato nessuno perché le basi imponibili è più semplice determinarle in base alla produzione, ossia io vado da un pasticcere e vado a vedere quanto guadagna la pasticceria, se devo andare a vedere dove il pasticcere va in vacanza, quali scarpe si compra, ecc... divento pazzo». E dentro la maggioranza di centrodestra c'è chi ha già fatto sapere chiaramente da che parte si schiera: «Sarebbe un passo indietro» ha affermato Sestino Giacomoni, deputato di Forza Italia e presidente della Commissione di vigilanza su Cdp, «non si può chiedere agli italiani di giustificare i loro acquisti, le loro scelte, la loro vita e la loro sfera privata. Gli accertamenti fiscali non devono assumere le sembianze di una persecuzione e la lotta all'evasione va combattuta riducendo la pressione fiscale, non col redditometro».

 

 

Più tranchant il leghista Luigi Gusmeroli, vicepresidente della Commissione Finanze, che ad Affaritaliani.it precisa: «Negli ultimi 30 anni l'evasione è stata combattuta nei modi più diversi: il redditometro, i blitz a Cortina, la legge per le manette agli evasori. Non funzionano, perché non intervengono sulla semplificazione del sistema e sull'abbassamento delle imposte. Ecco perché nella riforma del fisco puntiamo su 2 concetti: semplicità e meno tasse».

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