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Coronavirus, i lavoratori in quarantena rischiano il taglio dello stipendio: fino a quanto si può perdere

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D'ora in poi la quarantena ricadrà sulle tasche del lavoratore o del datore. L'Inps infatti non riconosce più come malattia il periodo che i lavoratori devono trascorrere in "sorveglianza attiva o fiduciaria" perché entrati in contatto con un positivo. Nel 2020 lo ha fatto solo grazie allo stanziamento del governo Conte II di 663,1 milioni. Ma ora non rifinanzierà l'indennità di quarantena. Ergo, se lo smart working non è possibile, perché la mansione richiede una presenza fisica del lavoratore, ci sono due possibilità: o copre il datore di lavoro o parte il taglio dello stipendio. "Si può arrivare - calcola Unimpresa secondo quano riporta La Repubblica - fino a mille euro per due settimane di assenza. A rischio potrebbero essere già oltre 200 mila lavoratori che sono stati in quarantena nei primi sei mesi di quest’anno e per i quali non c’è più la copertura Inps. Le imprese non hanno cioè ricevuto il rimborso dell’Istituto di previdenza. Chiederanno indietro i soldi ai lavoratori?". 

 

 

Non solo. Il dato dei 200 mila è solo una stima, che parte dalla proporzione, osservata nel 2020, di 4,5 lavoratori in quarantena per ogni infetto. Proporzione che ora potrebbe essere applicata alle 45.835 denunce di infortuni da Covid-19 inviate dai datori all’Inail da gennaio a giugno di quest’anno. Ogni infezione - ogni “causa virulenta”, come la chiama Inail - è equiparata alla causa violenta. E dunque anche i casi accertarti di infezione da Covid “in occasione del lavoro” valgono come infortuni e come tale sono stati e continuano a essere coperti da Inail e Inps. Ma la quarantena no.

 

 

I segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil  hanno chiesto al governo con una lettera datata 10 agosto, "un intervento normativo urgente" per sanare la situazione delle quarantene. E anche quella dei lavoratori fragili.

 

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