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Meloni infiamma i mercati: Borsa, cos'è accaduto dalla vittoria di FdI in poi

Francesco Specchia
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O la Borsa o la vita. La notizia scivola nella routine postnatalizia. Ma che sotto il Governo Meloni i mercati continuino a sorriderci e addirittura ad arriderci, be', smentisce le più nefaste previsioni (e di 'sti tempi sono parecchie). La Borsa di Milano continua a guadagnare, ieri era +0,5%. Ma la prospettiva è a lungo termine; da un accurato calcolo di Giuliano Zulin, dal 26 settembre, subito dopo la vittoria del centrodestra ad oggi, la Borsa italiana è passata «da 21.207 a 25.180 punti: +18,7%. Dovevano crollare i mercati. E invece...».

E invece. E invece l'economia italiana continua una galoppata che proprio quel 26 settembre scorso ci vide chiudere Piazza Affari in rialzo la prima seduta subito dopo le elezioni politiche e il tanto vituperato (da parte della politica, non dei mercati) rinnovo del Parlamento vittorioso della coalizione di centro-destra. Allora, il Ftse Mib guadagnò lo 0,67%, mentre nel nostro imprevisto colpo di lombi, le borse europee rimasero più indietro, oscillando al vento dell'irrequietezza politica più volte nel corso delle giornate. Allora si giustificò il rialzo attraverso l'esito meloniano delle elezioni ampiamente scontato, e in linea con le previsioni.

 

NEL SOLCO DI DRAGHI
Ma in quel momento si attendevano lumi dai comportamenti del governo. Era una sorta di future sull'etica politica di Palazzo Chigi. I mercati volevano capire se la piattaforma economica del nuovo governo fosse o meno nel solco di quella di Draghi. Addirittura, gli analisti si aspettavano lo spread BTp-Bund a tratti vicino ai 250 punti base fino a fine anno. Invece, a fine anno, era sui 200 punti; e oggi a 199. «Ci aspettiamo» commentarono quelli di Credit Suisse al Sole 24Ore «che il nuovo governo mantenga un dialogo costruttivo con le istituzioni europee e riteniamo che il rischio di una Italexit sia trascurabile. Tuttavia i programmi della Meloni di modificare il Pnrr e di aumentare la spesa potrebbero creare frizioni con l'Ue nel breve termine». Potrebbero. Dubitativo. Ma, a parte qualche impuntatura identitaria l'asticella del Pos a 60 euro, subito rientrata perché «contraria alle disposizioni e allo spirito del Pnrr» - con l'Europa, Meloni non ha avuto alcuna frizione.

E la voce dei listini di Borsa non è l'unico preludio a un sostanziale ottimismo. Si prenda l'Ocse. A dispetto delle previsioni apocalittiche delle agenzie di rating, ha appena pubblicato le sue Prospettive economiche sull'Italia: e, per l'Ocse, rispetto ad altre stime delle agenzie di rating, il nostro 2023 non sarà segnato dalla recessione ma da una sostanziale stagnazione economica. Tra gli altri dati diffusi dall'Ocse spicca un leggero aumento della disoccupazione, un lieve calo del tasso d'inflazione e un abbassamento risibile del rapporto debito/Pil. Ma, insomma. Partendo proprio dal Pil italiano, il 2022 è previsto a +3,7%, il 2023 è in sostanziale parità (+0,2%) e il 2024 vanta un moderato rimbalzo (+1%). Cosa significa, a di là degli aridi numeri?

 

Che si parla di «rallentamento» , e nient' affatto di «recessione», appunto. Anche perché il raggiungimento tempestivo degli obiettivi del Pnrr proietta in Europa, per l'Italia, l'idea ottimista dell'attuazione delle riforme. In primis - secondo i desiderata del Presidente del Consiglio e dei suoi alleati - le riforme di Giustizia, Autonomia differenziata, e costituzionale in senso presidenzialista.

ALTRI PARAMETRI
Eppoi ci sono altri parametri che fanno ben sperare: l’occupazione che sale (aumentanoi postifissi e soprattutto le ore lavorate); il Pil sempre alto tra il 3,5% e 3,7% col segno più davanti (+0,5% nel 2023); la manifattura che tiene, conl’export a +8,8% tra i più alti d’Europa; la manovra con i saldi in attivo che - nonostante guerra e crisi delle materie prime - ci rende, per la prima volta da quarant’anni a questa parte, lo Stato che cresce più della Francia e della Germania e allo stesso livello della Cina. Alla faccia di chi ci vuole male...

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