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Dario Franceschini, chiude la sua tv: quanti milioni ci è costata

Francesco Storace
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Dai, stasera ci vediamo Claudio Baglioni sulla piattaforma ItsArt. Ci registriamo e paghiamo. Guarda che il concerto è gratis su youtube. In casa Franceschini non se ne erano accorti, ma gli italiani sì e hanno decretato lo straordinario fallimento della "Netflix italiana", strombazzatissima dall'ex ministro della Cultura. Un flop economico e tanti soldi buttati, poco meno di una decina di milioni di euro. Pubblici. Nostri.

 

 

 

Appena arrivato al ministero della Cultura, Gennaro Sangiuliano ha letto le carte, ascoltato i suoi funzionari ed esaminato la corrispondenza di Cassa depositi e prestiti. E ha doverosamente chiuso il rubinetto aperto dall'ex ministro del Pd. Avrebbe dovuto già farlo Dario Franceschini, ma ovviamente la "sua" invenzione non poteva farla crepare e si è fatto i fatti suoi. Persino a giugno scorso, quando i conti in rosso sono venuti fuori in maniera clamorosa. Esulta Federico Mollicone, deputato di Fdi e presidente della commissione cultura della Camera: «Bene ha fatto il governo Meloni a mettere in liquidazione ItsArt. Il progetto fallimentare voluto da Franceschini è stato da sempre denunciato da Fdi con numerosi atti sottolineando - come giá fece il Cda Rai con Rossi e Salini che negò l'inclusione della Rai - come rappresentasse un progetto di business superato, rispetto al potenziamento di RaiPlay sul modello inglese della Bbc o pubblico-privato francese, aggregando le produzioni nazionali su un'unica piattaforma in grado di competere con gli over-the-top. Eravamo l'unica voce a denunciare l'uso di denaro pubblico per ItsArt, l'ennesimo esempio del fallimento del centrosinistra». In verità lo fece, nella scorsa legislatura, anche il parlamentare leghista Daniele Belotti (aveva detto a chiare lettere che «ItsArt è un pozzo senza fondo, va assolutamente rivisto tutto il progetto»).

 

 

NUMERI DISASTROSI
Le cifre sono terribili. Le ha raccontate anche Il Foglio e prima ancora il giornalista Andrea Giacobino nella sua newsletter "Finanzadietrolequinte". Gli appena 141mila utenti registrati alla piattaforma e i voucher hanno permesso di raggiungere solo 246mila euro di entrate contro i 7,5 milioni di uscite nel 2021 (novecentomila euro la spesa per il personale). Insomma, troppe perdite ed entrate praticamente inesistenti. E così il ministro Sangiuliano ha deciso di chiudere, dopo appena un anno e mezzo, la franceschiniana "Netflix della cultura italiana": e ItsArt entra in liquidazione. Ovviamente prima di procedere si è deciso spiegando tutto alla politica: e a novembre Cdp, che ha attuato il progetto franceschiniano senza crederci molto e senza metterci soldi suoi, con una lettera ha fatto presente lo stato comatoso della società. In pratica per chiedere al ministero della Cultura se intendesse rifinanziarla. È stato il colpo di grazia. Al ministero non c'è più Franceschini ma Sangiuliano, che ha mostrato il suo pollice verso per la relativa sepoltura.

 

 

Itsart era stata partorita durante il lockdown del 2020 ed entrata in attività nel fallimentare anno successivo. Franceschini voleva che lo Stato, con una propria società, sfidasse i giganti della cultura planetaria mostrando il valore di quella italiana. Proposito lodevole, ma gestito in maniera davvero pessima. Si pretendeva di supplire, con la piattaforma, all'assenza degli spettacoli dal vivo causa Covid. Si voleva «celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo».

DARIO NEI GUAI
Risultato? Ben tre amministratori delegati succedutisi in un solo anno e l'assenza clamorosa di ricavi seri. Una catastrofe, insomma, perché non c'è stato il gradimento di pubblico sufficiente a far sopravvivere ItsArt. Un disastro economico e culturale che chissà se qualcuno sarà chiamato a risarcire. La Corte dei Conti ha le carte a disposizione, e se tanto ci dà tanto, il rischio di clamorose sorprese c'è tutto. Certo, ci vuole il coraggio di affondare su un ministero che per troppo tempo ha rappresentato una riserva rossa. Da Sangiuliano è giunto un segnale di moralità che restituisce fiducia a chi guarda i movimenti di governo. Ma guai a mollare sul fronte degli sprechi: qualcosa ci dice che nelle prossime settimane chissà quanti altri se ne scopriranno, magari proprio per merito del ministro in carica. Dal canto suo, Franceschini si è rifugiato nella comoda postazione di presidente della giunta per le elezioni e immunità del Senato. Potrebbe essergli utile, sussurra qualche maliziosa ex parlamentare del suo partito. 

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