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Tappi attaccati, chi li ha voluti: l'ultima (scomoda) rivoluzione verde

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Fa un caldo boia. Prendi una bibita gassata dal frigo, giri il tappo di plastica della bottiglietta e ti accorgi subito che qualcosa non quadra. Non si stacca. Armeggi un po’, ma è attaccato che manco il mastice sui tubolari della bicicletta del nonno. Pensi: «Pazienza», sei assetato. Tracanni a canna (o dal collo o dalla gola della fiaschetta, dipende dall’espressione locale) perché uno, è solo un sorso veloce e due, poi il bicchiere devi pure lavarlo (e sei in ferie). Ma il naso cozza inevitabilmente sul tappo, devi storcere la bocca, rischi di rovesciarti liquido appiccicoso addosso.

Se invece ci provi, a riempire una tazza, tanto alla fine schiaffi tutto in lavastoviglie coi piatti della cena, è uguale. Devi trovare la posizione perfetta, in equilibrio: e quel dannatissimo tappo (rosso, verde, blu, giallo, bianco) fa attrito contro il bordo. Va così da qualche mese, che quasi quasi stai pensando di cedere alla salutare acqua del rubinetto, almeno lì, di archibugi a (finta) corona, di plastica, usa e getta che non sono più nemmeno usa e getta, non ne è rimasto neanche il nome. È che te lo chiede l’Europa.
In effettie, l’Europa lo chiede già da qualche mese, ma la misura diventerà effettiva solo a partire dal 2024 (però, nel frattempo, la stragrande maggioranza delle aziende si è portata avanti e ha adeguato la produzione), di usare solo i tappi “tethered”. Che sono quelli, appunto, che non si staccano, restano incollati alla bottiglia di gazzosa o di limonata o di tè verde o di quel che è.

FINO A TRE LITRI
Non si sposta, il tappo “tethered”. Non si sposta neanche se lo mordicchi sotto, l’unica soluzione è armarsi di forbici o di coltellino: ma è fatto di plastica dura e rischi di tagliarti e farti male. Alzi la mano chi non ne ha ancora visto uno. Nessuno, vero? Ecco, funziona così perché così salveremo l’ambiente (dicono a Bruxelles). Un po’ come le linguette delle lattine, sulle quali non ci abbiamo fatto molto caso perché sono state una rivoluzione “mini” (e quasi indolore) in confronto a quella delle bottiglie del super. Se il tappo non si stappa (o meglio, se non si stacca), è la tesi dell’Ue, è più difficile perderlo. Quindi è più difficile inquinare. Specie in spiaggia, al mare, sotto l’ombrellone. La direttiva con cui è stato introdotto il metodo “tethered” è la numero 904 del 2019 (il che significa che le autorità comunitarie ci pensano da tempo, da prima della pandemia) e tra una manciata di mesi, cinque per essere precisi, diventerà vincolante. Fine. Stop. Basta.

Tutte le bottiglie in Pet, in polietilene terefrtalato, con una capacità massima fino ai tre litri, saranno in questo modo equipaggiate: col bussolotto di chiusura agganciato e tanti saluti. Intendiamoci, all’inizio l’abbiamo messa sul ridere, ma adesso da ridere, quando si inizia a elencare numeri e statistiche, c’è ben poco: questa semplice affrancatura dei tappi, infatti, si trascinerà dietro una riduzione (stimata, per il momento) del 10% dei rifiuti di plastica sui lidi del Vecchio continente. Non è una bazzecola, il 10%. Specie se comparata con un recente studio del Wwf, l’organizzazione internazionale per la difesa dell’ambiente, che sostiene la quadruplicazione della plastica negli oceani entro il 2050. Il 2050, in termini di ere, è domani. Con tutto quel che ne consegue, per l’ecosistema, per gli animali che popolano i mari e gli abissi, per la qualità delle acque.

LO STUDIO DEL WWF
«Ogni settimana possiamo ingerire oltre cinque milligrammi di microplastiche, che sono l’equivalente di una carta di credito», spiegano gli esperti della costola italiana del Wwf, e lo facciamo «attraverso l’aria, l’acqua, la frutta, la verdura». E allora va da sé che quella “scocciatura” del tappo che non sai più come girarlo (tanto di toglierlo, oramai, l’hai capito: nisba) si trasformerà in un’abitudine e non te ne accorgerai più. Però, intanto, non ti sentirai in colpa per i 22 milioni di tonnellate di plastica che entrano in mare ogni anno e che in gran parte derivano da prodotti monouso. (Tra parentesi: per restare nel mare nostrum, cioè nel Mediterraneo, l’Italia è tra i Paesi che inquinano maggiormente). Dobbiamo farci il callo, ma sarà (letteralmente) come bersi un bicchiere d’acqua. Pulita, si spera.

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