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Israele sotto attacco, cosa sta per accadere sui mercati

Benedetta Vitetta
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Non bastava la guerra tra Russia e Ucraina che va avanti ormai da un anno e mezzo, l’impennata dell’inflazione, il rialzo dei tassi portato avanti dalle Banche Centrali e la crisi energetica legata allo stop del gas di Putin, ora i mercati internazionali si devono preparare a fare i conti con un nuovo - inatteso - l’impatto.


Quello legato al conflitto tra Israele e Hamas. Ecco, quindi, che l’attenzione oggi è tutta concentrata sull’apertura delle principali piazze finanziarie mondiali. Per gli esperti il conflitto scoppiato nel fine settimana potrebbe fare sentire i suoi effetti sui mercati. Innanzittutto ci si attende un rialzo dei prezzi del petrolio e ciò potrebbe avere ripercussioni sulle pressioni inflazionistiche influenzando le politiche monetarie in senso restrittivo. Andando ad appesantire ulteriormente un contesto economico europeo già fiaccato dalla guerra tra Russia e Ucraina. Ma, almeno per ora, gli analisti tendono ad escludere altre importanti ripercussioni economiche sulla zona euro.

«Per ora non credo ci siano importanti conseguenze economiche, a parte un aumento generalizzato dell’incertezza nei mercati» ha spiegato l’economista Daniel Gros, «certo il Medio Oriente è vicino, ma l’Europa non partecipa e può solo stare a guardare ciò che accade. L’Ucraina è un caso molto diverso da quello che è scoppiato nelle ultime ore» ha sottolineato Gros precisando, però, che tutto dipende dal fatto che la crisi innescata dalla Striscia di Gaza resti confinata a livello regionale osi espanda. «L’estensione del conflitto o del coinvolgimento dei Paesi dello scacchiere mediorientale potrebbe cambiare completamente lo scenario. Tutto dipenderà dalla reazione politica che ci sarà nei Paesi arabi e dalla loro “voglia” di intervenire e di dare una mano. A quel punto non si sa che potrebbe accadere...».

Ciò detto, a meno che il conflitto non si intensifichi o si espanda rapidamente attraverso l’ingresso di altre parti, ad oggi sia Israele sia Hamas non sono attori importanti nel comparto petrolifero, ma il conflitto si trova in una regione chiave per la produzione di petrolio più ampia. Israele, ad esempio, possiede due raffinerie di petrolio con una capacità totale di circa 300mila barili al giorno. Oltre all’andamento del petrolio, da oggi serve fare particolarmente attenzione ai titoli della difesa come ad esempio la nostra blasonata Leonardo, alle quotazioni che fabbricano armi, mezzi cingolati e munizioni di ogni sorta.

Da segnalare infine che su Israele il 13 ottobre è previsto il rating di Moody’s che, vista la delicatissima situazione in cui si trova, probabilmente sarà un declassamento del suo giudizio A1, escluso fino a pochi giorni fa. Non un bel segnale per il governo di Benjamin Netanyahu. Intanto, ieri è tornata a parlare la presidente della Bce, Christine Lagarde, che ha affermato di avere motivi per non essere pessimista. «Ci aspettiamo un’inflazione in forte calo dal prossimo anno e tasso di occupazione più alto». Incrociate le dita, ne abbiamo bisogno. 

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