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Christine Lagarde? Si ferma sui tassi, ma soffocherà il credito

Sandro Iacometti
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Per un verso e per l’altro, bisogna fare danni. Così, non potendo più insistere sul forsennato aumento dei tassi, che stando ai verbali dell’ultima riunione (in cui qualcuno l’ha accusata di fare gli stessi errori del 2011) potrebbe anche comportare delle aggressioni fisiche, Christine Lagarde ha deciso di muoversi su un altro terreno per deprimere l’economia e riuscire a far calare l’indomabile dinamica inflazionistica. Questo, secondo un report di S&P Global, il menù: nell'ambito della revisione del proprio framework operativo, la Banca centrale europea potrebbe decidere di aumentare le riserve minime obbligatorie (Mrr) per le banche dell'eurozona. Ed ecco il commento: «Ciò inciderebbe sulla liquidità e sugli utili delle banche». In altre parole, i rubinetti del credito, che già stanno provocando forti contrazioni del volume dei prestiti, si chiuderebbero ulteriormente.

L’auspicio di S&P è che la Bce non forzi la mano. «L'impatto complessivo», spiegano gli esperti, potrebbe essere «moderato, a condizione che l'aumento delle riserve minime obbligatorie resti contenuto». La forchetta consentita sarebbe quella tra l’attuale 1% (la percentuale sugli attivi che gli istituti di credito devono obbligatoriamente depositare presso la Banca centrale) e il 2%, che rappresenterebbe un’innalzamento alla media storica. Del resto, è uno stesso sondaggio della Bce sul mondo creditizio a mostrare che nel terzo trimestre di quest'anno le banche della zona euro hanno dato un'ulteriore stretta all'accesso al credito e che la domanda per tutte le categorie di finanziamenti da parte di famiglie e imprese è diminuita, per via dei tassi di interesse elevati, del calo degli investimenti fissi delle imprese e della fiducia dei consumatori a fronte del deterioramento delle prospettive economiche. Insomma, roba da maneggiare con cura. Non dovrebbero esserci sorprese, invece, anche se non è mai detto, sul costo del denaro.

 

 

Sullo sfondo di una situazione complessivamente molto delicata - i cui contorni sono stati confermati anche dal calo superiore alle stime degli indici Pmi dell'Eurozona, oltreché dalla conferma dell'incertezza internazionale e della debolezza della congiuntura italiana da parte dell'Upb - la Bce si appresta ad affrontare la riunione mensile di domani con tante variabili da prendere in considerazione ai fini di una decisione sui tassi di interesse. Ma l'esito più probabile sarà quasi certamente quello di una pausa dopo i dieci rialzi consecutivi che hanno portato il costo del denaro al massimo storico del 4,5%.

 

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