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Banca Mediolanum, Stefano Volpato: "La sfida è fare rendere i risparmi degli italiani"

Adriano Bascapè
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«Questi sono tempi di evidente disorientamento. Se mettiamo insieme quello che è successo negli ultimi tre anni, il Covid, la guerra in Ucraina, il ritorno dell’inflazione, il più violento e rapido rialzo dei tassi e da ultimo la recrudescenza in Medioriente ce n’è abbastanza per giustificare una preoccupazione diffusa e radicata». Per Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum il momento «comporta certamente implicazioni drammatiche sul piano umano, ma se proviamo a lasciare decantare l’emotività di fatti cruenti», spiega, «ridiamo spazio a lucidità e prospettiva. Ora è fondamentale indossare gli occhiali della storia che consentono di guardare oltre per superare la presunzione di poter prevedere cosa possa accadere nel breve termine. Una presunzione velleitaria».

Quanto oltre?
«Prendiamo ad esempio l’ultimo evento che ho citato, può sembrare una beffa del destino che esattamente nello stesso mese, cinquant’anni dopo la guerra dello Yom Kippur, si sia riaccesala polveriera mediorientale. Ricordo bene l’austerity, le domeniche a piedi e in bicicletta, i derivati del petrolio introvabili. Ecco, credo che la storia ci insegni come gli esseri umani sappiano trovare sempre delle soluzioni».

E in questo caso cosa ci insegnano quei fatti?
«Oggi per produrre un punto di Pil mondiale occorre un terzo dell’energia che serviva negli anni Settanta. Ma c’è un altro grande insegnamento».

Quale?
«I fatti, per quanto drammatici siano, non interrompono l’inarrestabile percorso di sviluppo. Se prendiamo gli ultimi sessant’anni, praticamente ad anni alterni e senza soluzione di continuità si sono verificate delle crisi. Eppure, negli stessi sessant’anni, il Pil mondiale è cresciuto di otto volte al netto dell’inflazione. Quindi il progresso si manifesta in costanza e non in assenza di crisi».

Cosa fare, dunque?
«È fondamentale spegnere i rumori di fondo e concentrarci su ciò che è essenziale».

Ma per i risparmiatori questo cosa significa?
«Essere essenziali, in tema di risparmi, vuol dire capire qual è lo scopo finale del sacrificio che facciamo nel rinunciare al consumo. Rispetto ad ogni famiglia, quindi, il tema vero risiede nella capacità di confrontarsi con tre grandi elementi: fragilità, bisogni e progetti di vita».

Questo cosa comporta?
«Le fragilità sono tutte le variabili impreviste che possono scombinare la pianificazione familiare. Immagini, ad esempio, se in una famiglia viene a mancare il portatore di reddito. Trovare una risposta a questi imprevisti significa dare stabilità alla propria famiglia. Poi ci sono i progetti di vita, che riassumono le aspirazioni delle persone, che danno sapore alla vita. È bene se li realizziamo ma se non accade non succede nulla. Tema imprescindibile, invece, è la capacità di rispondere ai bisogni con i quali ci confronteremo certamente nel corso della nostra vita. I bisogni sono fatti di numeri...».

Parliamo di numeri...
«In Italia il tasso di natalità è di 1,2 nascite per donna. Il punto di pareggio per tenere in equilibrio il sistema è 2,1. Altro numero importante: 45 anni. L’età alla quale un giovane che inizi oggi a lavorare raggiungerà la totale autonomia finanziaria. La famiglia dovrà quindi prevedere un aiuto economico fino alla sua completa autonomia. Ancora: 34,4%. Sono le famiglie che hanno un genitore a carico».

C’è altro?
«Le rispondo con due numeri: più del 60% di famiglie a Milano e oltre il 35% in tutta Italia sono unipersonali. Composte cioè da un solo componente che deve farsi carico di pagare affitto, bollette e spese ineludibili. Ma c’è un ulteriore numero da tener presente: il 44% delle persone fra i 55 e i 64 anni, dunque non ancora in età da pensione, in questo momento sono inattive. Non lavorano per un periodo limitato, ma consumano risorse finanziarie che hanno accantonato. Altra cifra: già in epoca pre-Covid una prestazione sanitaria su due è stata pagata di tasca propria dalle persone. Una percentuale che fa il paio con altre due: 45% e 65%. Il 45% è il tasso medio di sostituzione tra reddito e pensione per un lavoratore autonomo, 65% per un dipendente. In tutti e due i casi c’è un gap importante da colmare per mantenere il proprio tenore di vita».

Numeri capaci di mettere in difficoltà chiunque. Perfino demografi ed economisti...
«Senza dubbio. Ma c’è un ultimo numero che nessuno può conoscere in anticipo. Forse il più importante. Quello dell’aspettativa di vita di ognuno di noi. Quanto vivremo? Impossibile dirlo. L’unica certezza è che dobbiamo mantenere la sostenibilità del nostro tenore di vita e di tutte le garanzie conseguenti fino a quando ci saremo».

Ma come affrontare questi temi?
«Fragilità, bisogni e progetti mettono in gioco risposte complesse. La soluzione è essere affiancati da un professionista dedicato alla famiglia. Competente, cointeressato e in grado di instaurare una relazione che duri nel tempo. Per entrare in questi aspetti che sono strettamente personali se non addirittura intimi serve continuità di relazione. Ecco che grazie a competenza e tempo di relazione un professionista è in grado di conoscere i temi di vita della famiglia che incontra e la accompagni verso le soluzioni disponibili. Questo professionista si chiama consulente finanziario e oggi gestisce circa il 20% del mercato ma è una figura destinata a uno sviluppo molto forte stante l’entità dei bisogni sottostanti».

Se i consulenti finanziari coprono soltanto il 20% del mercato c’è uno spazio enorme ancora scoperto...
«La sfida e la responsabilità che devono affrontare le banche di consulenti finanziari come la nostra è quella di crescere numericamente in modo significativo per dare una risposta a milioni di italiani che in questo momento si arrangiano da soli. Ovviamente si tratta di una straordinaria opportunità per il settore e per tantissimi giovani. Fra l’altro, mi permetta di aggiungere, questa è una professione che sembra costruita proprio su misura delle loro aspettative».

Di quali aspettative parla?
«Prima di tutto autonomia nella gestione del loro tempo. Lavorare per obiettivi, associando un senso etico al loro impegno. E se c’è una professione che risponde perfettamente a queste aspirazioni è quella del consulente finanziario. Lo spazio sul mercato è enorme, in Italia abbiamo una grande fortuna, 5mila miliardi di ricchezza che noi e i nostri padri abbiamo accumulato con tanto impegno nel tempo. Ma la sfida è di renderla efficiente, deve lavorare per noi, soprattutto adesso che il potere d’acquisto si è impoverito perché le dinamiche salariali non sono agganciate all’inflazione. Siamo imbattibili nel fare la cosa più difficile, risparmiare, ma ci troviamo agli ultimi posti nella capacità di rendere efficiente e produttivo il risparmio accantonato». 

Come contate di colmare il gap di professionisti a disposizione delle famiglie per rendere efficiente i loro risparmi? 
«Il percorso che vogliamo intraprendere prevede, da un lato, di continuare a inserire professionisti che vengono dal mondo bancario tradizionale e da altre realtà, con caratteristiche corrette per interpretare questo lavoro. Dall’altro lato vogliamo trasformare i nostri 4.500 family banker in 4.500 imprese. 

Come? 
«Il family banker si dota di una serie di specialisti, dal credito, alla protezione, al wealth management, fino all’investment banking, in cui si inseriscono i banker consultant, giovani che stiamo avviando alla professione, che, affiancandosi ai senior, diventano uno studio associato. Già così i senior possono assistere un numero maggiore di famiglie e persone». 

Parla del Progetto Next? 
«Sì. A gennaio 2021 è partita la prima classe del Progetto Next con il master semestrale in Banking Consulting alla Mediolanum Corporate. Oggi i banker consultant già operativi sono 199, 134 stanno studiando e il prossimo gennaio partirà la dodicesima classe. Questa è la strada che intendiamo proseguire per far fronte a un bisogno latente molto diffuso che rischia di avere un costo, un impatto sociale devastante se non trova una risposta adeguata». 

Qual è l’obiettivo del Progetto Next? 
«A regime vogliamo formare 300 banker consultant all’anno e contestualmente trasformare tutta la rete di consulenti finanziari in una serie di studi associati». 

Dunque ci sono tantissime opportunità per i giovani in Banca Mediolanum... 
«Pensiamo di essere la risposta a ciò che chiedono i giovani. Vogliono essere gestori del loro tempo, vogliono lavorare per obiettivi, dare un senso etico sociale al loro impegno professionale. Parliamo inoltre di un mercato straordinariamente in crescita, di un ambiente stimolante, che favorisce non solo la crescita professionale, ma anche umana. Chi si relaziona con gli altri ha bisogno di sviluppare uno spessore umano personale. È l’apoteosi per un giovane che voglia coniugare le proprie aspirazioni alla possibilità di dare un contributo nel mondo». 

E avete notato un cambiamento della capacità operativa dei family banker? 
«Cambia l’efficacia, la produttività e di conseguenza il numero di clienti che il consulente finanziario è in grado di seguire. Tutto va nella direzione non solo di un miglioramento della produzione, ma soprattutto della qualità del servizio fornito al cliente. La componente che per noi è più importante». 

Anche voi avete difficoltà a trovare giovani? 
«Vede, va chiarito un equivoco. Giovani validi e in gamba ci sono e sono tanti. Non dobbiamo fare l’errore di dire noi cosa loro devono fare. Dobbiamo ascoltarli, capire le loro aspirazioni. Credo sia giunto il momento di orientarci verso la modernità che per me ha un’unica accezione. È moderno ciò che va verso l’essere umano. È importante trovare per i giovani proposizioni vincenti, dove loro si sentano compresi e valorizzati». 

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