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Riso, prezzi impazziti: lo strano caso italiano, "mani forti" in azione

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Attilio Barbieri
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 I prezzi internazionali dei risi sono schizzati ai massimi da quindici anni. Il motivo è legato ai crolli produttivi registrati in Asia- dove si produce il 90% del cereale- per le ondate di caldo e la siccità. A provocare la crisi climatica è “El Niño”, una anomalia che si produce quando la temperatura superficiale delle acque nell’oceano Pacifico aumenta almeno di mezzo grado centigrado per un periodo non inferiore ai cinque mesi. El Niño in Oceania e Asia provoca una prolungata diminuzione delle piogge e un aumento del caldo. Condizioni devastanti per il raccolto del riso, che richiede un impiego intensivo di acqua. I raccolti più colpiti sono stati soprattutto quelli indiani e tailandesi.

A misurare il balzo nelle quotazioni mondiali del cereale bianco è l’indice Fao. A novembre scorso l’indice del riso Indica, la varietà più diffuso in Oriente, era balzata a 150,4 punti, dai 100,6 del 2019. E la varietà Japonica, quella con il chicco più corto e tozzo, prevalente in Europa e in Italia, è salita a sua volta a 110,8 punti dagli 80,4 di quattro anni fa. Balzi che trovano riscontro nelle quotazioni all’ingrosso. Secondo le elaborazioni della Federal Reserve di S. Louis, migliore fonte riconosciuta a livello mondiale, il riso tailandese che fa i prezzi sui mercati internazionali, veniva scambiato a novembre a 555,40 dollari a tonnellata, contro i 416,31 dollari registrati nello stesso mese del 2022. Un balzo del 33,41%.

 

 

 

QUOTAZIONI CALDE

Non va meglio negli altri Paesi dove si coltiva il cereale divenuto quasi introvabile. Secondo la Fao in Vietnam le quotazioni all’ingrosso sono salite del 49,7% nei dodici mesi che vanno dal novembre 2022 al novembre 2023. E a surriscaldare ulteriormente i prezzi ha contribuito lo stop alle esportazioni annunciato e poi parzialmente ritirato dall’India, nel timore che la produzione nazionale non fosse sufficiente a soddisfare la domanda interna. E l’India, da sola, pesa per il 40% di tutto il riso commerciato a livello mondiale.

Prezzi a parte, come segnala la Fao, vi sono molti Paesi quasi interamente dipendenti dalle importazionidi cereale bianco che resta alla base dell’alimentazione di almeno 3 miliardi di persone in tutto il mondo e rappresenta la maggiore fonte di calorie per quanti abitano nel Sudest Asiatico e in Africa. Iran, Somalia, Etiopia e Madagascar importavano più dell’80% del riso consumato dall’India. Secondo l’ufficio studi della Barclays rischiano molto anche Malesia e Singapore, quasi interamente di pendenti dalle importazioni di cereale indiano.

 

 

 

ITALIA IN CONTROTENDENZA

Tutt’altra musica in Europa e in Italia in particolare. Secondo le rilevazioni di Ismea Mercati i prezzi medi dei risi italiani alla produzione sono tutti in calo. E a perdere di più, con flessioni percentuali a doppia cifra, sono le varietà più pregiate. L’Arborio e il Volano, ad esempio, si pagano 589,50 euro alla tonnellata, il 41,6% in meno rispetto alla seconda settimana di dicembre 2022. Va ancora peggio per il Carnaroli e i suoi similari: 589,44 euro a tonnellata, il 53,1% in meno rispetto a dodici mesi or sono. A calare meno di prezzo è l’Indica italiano, pagato 452,38 euro a tonnellata, appena il 4,3% in meno su dicembre 2022.

Certo, da noi stanno scendendo le quotazioni di tutti i cereali. Il prezzo alla produzione del grano tenero, rispetto a un anno fa, è calato del 33,1%, quello del grano duro del 28% e le quotazioni del mais hanno ceduto addirittura il 37,9%. Alla fine il -26,1% medio del riso è fra i dati meno negativi, soprattutto se si considera che su ottobre il cereale bianco ha recuperato comunque il 18%. Le maggiori preoccupazioni, semmai, riguardano le prossime campagne. Scottati da prezzi deboli i coltivatori potrebbero decidere di ridurre drasticamente le superfici coltivate a cereali. Con effetti negativi sul nostro livello di autoapprovvigionamento. Nel 2023 gli ettari seminati a riso sono stati 211mila, il 3% in meno del 2022. Per il 2024 il calo rischia di essere a due cifre.

 

 

 

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