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Borsa, l'India supera Hong Kong: cosa c'è dietro al sorpasso

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Benedetta Vitetta
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Dopo aver scalzato la Cina sul versante del Pil diventando così il primo Paese al mondo per crescita anche garanzie al fatto di essere diventata la nazione più popolosa del pianeta, nelle scorse ore l’India è riuscita pure in un’altra grande impresa che, fino a pochi anni fa, era qualcosa di impensabile: la sua Borsa ha sorpassato il listino di Hong Kong (l’Hang Seng, ndr) conquistando così la quarta posizione al mondo per capitalizzazione del mercato azionario.

E se da un lato a penalizzare la Cina sono state soprattutto le difficoltà economiche che hanno ostacolato pesantemente lo sviluppo dei listini dell’ex colonia britannica, dall’altro lato, invece, le prospettive di crescita e le riforme politiche portate avanti da New Delhi hanno trasformato il subcontinente in una delle mete più ambite dagli investitori internazionali. Secondo i più recenti dati elaborati dall’agenzia Bloomberg, la capitalizzazione delle Borse indiane ha raggiunto, al termine della seduta di lunedì 22 gennaio, i 4.330 miliardi di dollari contro i 4.290 miliardi di Hong Kong. Un risultato nel risultato visto che a poco più di un mese di distanza - era il 5 dicembre 2023 - quando i listini indiani avevano tagliato quota 4.000 miliardi di dollari.

 

 


Ma quel che è accaduto nelle scorse ore è molto più che un semplice sorpasso tra listini asiatici. E l’inizio della grande scalata delle potenza indiana ai danni della Cina. Anche tra i Brics è ormai iniziata una vera battaglia per avere più peso e potere all’interno dei cosiddetti “Paesi emergenti”. Del resto se all’inizio il peso dei primi 5 Paesi (Brasile, Rusia, India, Cina e Sudafrica) valeva circa il 21% del commercio globale, ora con l’ultimo allargamento a 9 l’alleanza oggi vale oltre un quarto del prodotto lordo mondiale. E non è un caso che gli Usa stiano pensando a Delhi come alternativa a Pechino.


LA SCALATA
Ricordiamo che, negli ultimi quattro anni, New Delhi è riuscita non solo a raddoppiare la sua capitalizzazione nazionale grazie al boom favorito dalla base di investitori retail in rapida crescita e ai robusti utili societari, ma grazie al suo assetto politico stabile e a un’economia basata sui consumi, il Subcontiente è riuscito anche ad attirare nuovi capitali da investitori e imprese globali portandole via ad altri Paesi vicini. E il rally delle azioni indiane ha coinciso con il crollo storico di Hong Kong, dove sono quotate alcune delle aziende cinesi più innovative e di maggiore appeal. Le rigorose restrizioni anti-Covid-19 di Pechino, la stretta normativa sulle società, la crisi del settore immobiliare e soprattutto le tensioni geopolitiche in corso con l’Occidente hanno poi contribuito ad erodere l’attrattiva della Repubblica Popolare come motore di crescita del mondo.

DEMOGRAFIA E RIFORME
E i risultati di tutte queste problematiche hanno fatto sì che il valore di mercato totale delle azioni cinesi e di Hong Kong è calato di oltre 6.000 miliardi di dollari dai picchi raggiunti nell 2021. E, secondo le ultime indicazioni di gran parte degli esperti internazionali, l’outlook di Pechino è tutt’altro che roseo. Tuttavia, alcuni analisti si aspettano una svolta nel 2024. «Riteniamo che l’India sia la migliore storia di crescita strutturale non solo dei mercati emergenti, ma in tutto il mondo» ha spiegato Evan Metcalf, ceo di Global XETFs, per cui «mentre la crescita della Cina è in fase di stallo, il subcontinente ha l’opportunità di emergere come motore di crescita dei mercati emergenti. Tra i suoi vantaggi competitivi ci sono la demografia, un’impennata di giovani istruiti che possono spendere e un governo impegnato a realizzare riforme strutturali». 

 

 

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