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Repubblica stufa anche gli Agnelli: "Titoli ridicoli". Ma non molla: come "usa" Mattarella

Tommaso Montesano
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Ammazza che sberla, Lupo. Per la serie: perfino la famiglia Agnelli, la famiglia che controlla il gruppo editoriale Gedi che a sua volta controlla La Repubblica e La Stampa, non ne può più della linea editoriale di Largo Fochetti. Lo sfogo contro Repubblica, raccolto dal Foglio, di Lupo Rattazzi - il figlio di Susanna Agnelli, una delle sorelle dell’Avvocato, e quindi cugino di secondo grado di John Elkann, ovvero il padrone del vapore - è clamoroso.

Lupo non ha digerito, in particolare, due prime pagine del quotidiano di famiglia: quella del 25 gennaio sulla “Velina nera” di Palazzo Chigi ai giornalisti, che ha dato il via all’ennesima campagna di stampa sull’allarme fascismo (ieri, a proposito, altra puntata) e quella del 20 gennaio sull’“Italia in vendita” a proposito delle possibile privatizzazione di una quota di Poste Italiane.

Il tono di Lupo è insieme irridente e tranchant: «Questi (il riferimento è a Repubblica, ndr) che fanno i martiri della libertà di stampa e che vogliono far credere che la Meloni voleva mettere loro un bavaglio sono totalmente ridicoli. Perché la verità è tutt’altra: che quel famoso titolone di Repubblica “L’Italia in vendita”, poiché rappresentava una critica sarcastica al programma di governo di alienare quote di aziende controllate dallo Stato, era semplicemente ridicolo e certamente non una posizione con cui a mio avviso una famiglia come la nostra vuole essere associata».

 

«ATTO LEGITTIMO»
Lo schiaffone è tanto più forte quanto è ostentata la presa di distanza di Rattazzi/Agnelli dalla linea editoriale del giornale. Quel «semplicemente ridicolo» è un manrovescio impossibile da ignorare. Anche perché Lupo aggiunge un’altra cosa, in coda alla chiacchierata con Il Foglio: «Per altro il programma di alienazione di quote di aziende pubbliche è sacrosanto anche per contenere l’aumento del debito pubblico dovuto anche a certe scellerate misure dei precedenti governi». Insomma, ecco il messaggio per la sala di comando di Largo Fochetti, nella foga di criticare sempre e comunque Palazzo Chigi bisognerebbe non cadere nell’eccesso di scagliarsi contro provvedimenti condivisibili. Quali, appunto, le possibili, ulteriori privatizzazioni.

Tant’è. A sfogliare il quotidiano di ieri, sembra che nulla sia cambiato. Repubblica, infatti, ha piegato le parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria al Quirinale in chiave anti-governativa. Quel ricordo del capo dello Stato sul «culto della personalità e del capo (...), virus micidiali, prodotti dall’uomo, virus che si sono diffusi rapidamente, contagiando gran parte dell’Europa», è diventato il gancio per l’ennesimo «richiamo antifascista» che imbarazza Palazzo Chigi e Ignazio La Russa. «La nuca del fondatore di Fratelli d’Italia oscilla come un pendolo, mentre si parla dei ragazzi di Salò. Nel linguaggio del corpo - ma pronti ad accogliere una smentita- potremmo tradurre: “Non è andata esattamente così”». Per la cronaca, ieri il presidente del Senato ha definito «importante» il discorso di Mattarella del giorno prima e «male assoluto» la Shoah. «Ma senza citare esplicitamente il fascismo», ha puntualizzato Repubblica nella sua edizione on line.

 

SEMPRE L’UOMO NERO
Massimo Giannini, da giorni all’offensiva sul tema, ha compiuto un passo in più. Prima ha premesso che «nessuno vuole tirare per la giacchetta il capo dello Stato». Ma poi lo ha fatto, visto che utilizzando il richiamo di Mattarella sul «culto della personalità e del capo» - riferimento che il presidente della Repubblica fa per le «ideologie di superiorità razziale» del secolo scorso- parte all’attacco della riforma costituzionale proposta dal governo che introduce il premierato. Quel «virus» del culto del capo, per l’ex direttore della Stampa, è un pericolo anche oggi: «La voglia di uomo o di donna soli al comando non prepara forse il terreno alla svolta personalistica e autocratica che abbiamo chiamato “capocrazia”? E quella svolta non sarà infine compiuta, nel momento in cui il popolo potrà eleggere il capo dell’esecutivo, distorcendo definitivamente la forma di governo e depotenziando irrimediabilmente gli organi di garanzia e i poteri neutri?». Chissà Lupo Rattazzi che ne pensa.

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