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Casa, lo sballo del mattone: tra direttive Ue e rialzo dei tassi è tempesta perfetta

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Michele Zaccardi
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L’ultima mazzata potrebbe essere la direttiva sulle case green. Le nuove regole che impongono di ristrutturare le abitazioni per migliorarne l’efficienza energetica si inseriscono infatti in un mercato immobiliare già provato dai rialzi dei tassi di interesse decisi dalla Banca centrale europea, passati dallo 0% del luglio 2022 al 4,5% dello scorso settembre. Certo, prima che la direttiva - approvata pochi giorni fa dal Parlamento Ue e che aspetta solo il via libera formale del Consiglio - entri in vigore ci vorrà del tempo: gli Stati membri hanno infatti due anni per recepirla.

Tuttavia alcuni effetti potrebbero già farsi sentire. A cominciare dal progressivo deprezzamento delle case meno “green”. Secondo Milano Finanza, la svalutazione potrebbe arrivare al 40% e, teoricamente, persino «al 100%, ovvero alla situazione di avere una casa che nessuno vuole più» come ha spiegato il presidente di Scenari Immobiliari, Mario Breglia, al quotidiano economico. Un rischio che per il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, appare più remoto alla luce dell’ultima versione della direttiva europea, ma che non è del tutto scongiurato.

 

 

 

«C’è comunque una tendenza a “mettere da parte” quegli immobili che non hanno certe caratteristiche di efficienza» spiega a Libero, «se si varano provvedimenti che riducono il valore gli immobili «si crea un danno all’economia del nostro Paese». Senza contare i costi che i proprietari dovrebbero sobbarcarsi per ristrutturare le abitazioni e che oscillano, ma sono sempre stime molto aleatorie, vista la vaghezza della direttiva che impone agli Stati membri di intervenire sul 16% delle case più inquinanti entro il 2030, trai 10 e i 55mila euro. Il tutto in un mercato residenziale in forte rallentamento. Nel 2023, riporta l’Agenzia delle Entrate, le compravendite sono calate del 9,81% rispetto all’anno prima, scendendo da 784.486 a poco più di 707mila. «Se consideriamo anche l’aspetto psicologico della direttiva» prosegue Spaziani Testa, «il trend negativo del 2023 potrebbe consolidarsi o addirittura peggiorare».

La buona notizia per il mercato è che da settembre scorso la Bce ha smesso di aumentare il costo del denaro. E gli operatori si aspettano un primo taglio dei tassi a partire da giugno. Si tratta solo di previsioni, ma che stanno già facendo sentire i loro effetti sui mutui, come dimostrano i dati pubblicati dall’Abi ieri. Nel suo ultimo rapporto mensile, l’associazione bancaria segnala che il tasso medio praticato sui nuovi prestiti per l’acquisto di abitazioni a febbraio è sceso al 3,9%, rispetto al 3,98% di gennaio e al 4,42% di dicembre. Un calo che si riflette però solo sulle nuove erogazioni, non sui finanziamenti a tasso fisso in essere. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio SalvaLaTuaCasa, realizzato da Nomisma, i 95 miliardi di euro di mutui accesi nel biennio 2022-2023 (comprese le surroghe) a interessi più elevati hanno fatto quasi raddoppiare il tasso medio sugli oltre 400 miliardi di prestiti contratti dalle famiglie per l’acquisto di un’abitazione, superando la soglia del 3%.

Effetto che è stato accentuato dalla quota molto elevata (circa il 40% del totale) di mutui variabili. In meno di due anni le rate mensili sono così aumentate tra il 35 e il 119%. Mentre le famiglie che devono far fronte a spese (tra mutui e credito al consumo) superiori a 700 euro al mese sono passate, nel corso del 2023, dal 27% di inizio anno al 40%.

E i rincari, spiega sempre Nomisma, hanno inciso profondamente sulle tasche degli italiani. Una volta pagate le rate, alle famiglie resta poco da spendere: la contrazione del reddito netto disponibile ha raggiunto, in alcuni casi, il 51%; dimezzato. Nomisma poi prevede per i prossimi mesi un incremento delle insolvenze delle famiglie.

Generalmente servono circa 12-18 mesi prima che un aumento del tasso Euribor a 3 mesi si traduca in una crescita dei crediti deteriorati. Incollato sotto lo zero per anni, a partire da luglio 2022, quando la Bce ha ritoccato per la prima volta il costo del denaro, il tasso a cui sono agganciati i mutui variabili si è impennato, raggiungendo venerdì scorso il 3,94%. Se le stime di Nomisma verranno confermate, il risultato sarà dunque un incremento dei crediti marci in pancia alle banche. Sebbene lontane dal record raggiunto nel novembre del 2015 (88,8 miliardi), negli ultimi mesi le sofferenze al netto di svalutazioni e accantonamenti (comprensive dei finanziamenti alle imprese) hanno ripreso a crescere, attestandosi a gennaio scorso a quota 17,5 miliardi, dai 16,7 di dicembre.
Ma la salita delle insolvenze si rifletterà anche sulle aste immobiliari, che Nomisma stima per quest’anno tra le 160 e le 180mila (+12% sul 2023). In questo contesto soltanto una riduzione dei tassi potrebbe portare qualche sollievo. «Il nostro auspicio» conclude il presidente di Confedilizia, «è che possa cambiare la politica monetaria della Bce. Minori compravendite immobiliari vuol dire infatti minori interventi di ristrutturazione e minore spesa per l’arredamento, con effetti pesanti su tutte le imprese dell’indotto».

 

 

 

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